giovedì 10 giugno 2010
O Dio, o clemente, proteggi Erdogan (Ya Allah, Ya Rahman, ihfazh Erdogan!)
di Ibrahim al-Amin
I
Eddie Abillammaa, esponente di spicco delle “Forze libanesi”, stava tornando a casa sua dopo aver partecipato ad un sit-in di solidarietà con la Flotta della Libertà. Non sentiva la necessità di parlare della cosa. Ma la sua famiglia gli chiese: “Dove sei stato?”.
Rispose con calma, preparandosi un bagno caldo: “Abbiamo partecipato ad una protesta di fronte alla sede delle Nazioni unite nel centro di Beirut”.
I commenti arrivarono immediati: “Ci sono sviluppi per quanto riguarda il Tribunale internazionale?”.
Rispose con voce fioca: “Si tratta di un'altra cosa, stavamo manifestando per quelli che sono stati presi da Israele sulle navi in mare”.
-Perché Israele l'ha fatto?-
-Si stavano dirigendo verso la Striscia di Ghaza per forzare il blocco.-
-Si, ma perché Israele l'ha impedito? L'assedio non è a causa di Hamas?-
-E' vero, Hamas è la causa, ma c'è un blocco e il divieto di far arrivare cibo ed aiuti alla gente, chi è venuto era solidale da un punto di vista umanitario non politico.-
-Non ho capito, affrontavano Israele, significa che Israele sta proibendo cibo e assistenza medica per la gente di Gaza?-
-Esatto, ma hanno cercato di raggiungere Gaza con la forza, nonostante Israele, e si sono fronteggiati.-
-Significa che il problema è con Israele?-
-Si.-
-Significa che ora la posizione della Turchia e delle altre forze è con gli oppositori di Israele.-
-Non è esattamente così, ma da quando tutte queste domande?-
-Voglio sapere se alla fin fine la tua partecipazione ha servito gli interessi di Hamas.-
-No, solidarizzavo con i civili disarmati.-
-Ma questo movimento fa gli interessi delle forze di resistenza, significa che ti sei schierato a fianco di Hezbollah per questa loro causa. Una causa che è contraria ad Israele, per gli arabi e gli occidentali che stanno con noi. Ma quindi significa che il responsabile della fame è Israele o la resistenza?-
-Entrambi... va bene così?-
-Bene, perché non organizzate un sit-in contro la resistenza?-
-Ehi, finiamola, che discorsi sono? Sono stato, e continuo ad esserlo, contro la resistenza, tuttavia la politica ha le sue regole.-
Mentre Abillammaa malediceva l'orario e puliva il suo corpo dalla polvere il leader di Hezbollah Mahmud Qomati spiegava ad un venditore vicino casa sua, a Harat Hreik, cosa fosse successo -Bene, il gruppo è arrivato e sta al nostro fianco, cosa vuoi che facciamo?-
La risposta non piacque a Qomati, così continuò a parlare a voce alta -Significa che adesso loro stanno con noi, nella stessa trincea. Come si può essere contro Israele e contro la resistenza?-
II
Questo è il clima psicologico che vive chi resta del 14 marzo in Libano. Nessuno invidia quelle persone per le loro giornate trionfali o per il loro futuro, tuttavia le loro alte grida dai palchi si sono esaurite giorno dopo giorno, fino a scomparire. Nessuno le vede o le sente se non chi le emette.
III
Il 14 marzo libanese non è da solo in questa condizione, anzi, ci sono 14 marzo ovunque perché la posizione del primo ministro turco la si incontra in ogni casa del mondo arabo. Solo Hosni Mubarak non ha voluto sentire nulla: basta, hanno aperto i passaggi e non vogliono sentire altro!
L'altro a trovarsi di fronte ad una situazione penosa è Mahmud Abbas, presidente del palazzo del governo a Ramallah. I consiglieri più maligni gli hanno suggerito: -Prendi una posizione che inviti alla riconciliazione. Questa non avverrà ma è utile avviare una tale posizione, ma per ora non fare riferimenti ai negoziati. Dopodiché si vedrà.-
Il dottor Fayez Abu Shamala osserva che uomini d'affari della Striscia di Ghaza hanno raccolto l'invito del presidente dell'organizzazione “Vogliamo vivere”, Salam Fayyad, ad una conferenza per incoraggiare gli investimenti nei territori palestinesi. In un incontro speciale tra Fayyad e l'ex presidente del Gruppo Palestinese per i Negoziati (al-Fariq al-Falastini at-Tafawdi) Nabil Shaath, è stata sollevata la questione del blocco imposto alla Striscia e si è ascoltata la prima ammissione del responsabile ufficiale del potere. Shaath ha detto: “Alcuni di noi credevano che mantenere l'assedio alla Striscia di Ghaza avrebbe portato ad un indebolimento di Hamas ed al suo crollo, ma ciò non è stato vero, l'assedio ha portato all'indebolimento degli abitanti di Ghaza, della loro economia, mentre Hamas è ancora presente, governa e ha le sue fonti. Perciò dobbiamo realizzare un progetto per togliere l'assedio da Ghaza e sottoporlo alle parti affinché lo sottoscrivano”. Quindi Shaath ha elencato una serie di idee per rompere l'assedio dimostrando invece come il potere voglia prolungarlo. Tra queste c'è l'astenersi dall'inviare i membri della guardia presidenziale palestinese ai cortei degli osservatori europei che presidiano i punti di passaggio terrestri. Ha presentato idee il cui unico scopo è garantire la sicurezza di Israele.
Ma non è stato necessario poiché chiunque tra noi può dimostrare che le leadership in Egitto e a Ramallah erano parte attiva nell'assedio continuato alla Striscia di Ghaza, così come sono state e sono ancora al centro delle operazioni politiche e dei servizi di sicurezza per colpire la resistenza ed il suo blocco dentro e fuori dalla Palestina.
L'ordine del gruppo di Mubarak e di Abbas era giunto agli estremi intendendo sbarazzarsi della resistenza con l'obiettivo fondamentale di garantire la continuità di governo.
Il 14 marzo è nel Golfo, e loro sono i più svantaggiati. Il silenzio ufficiale in Arabia Saudita non sembra altro che silenzio di tomba. E cosa potrebbe dire Saud al-Faysal? Lui che ha fallito un altro tentativo di realizzare una riconciliazione palestinese sotto l'egida araba.
Ha assunto l'incarico dei negoziati tra Hamas e Siria nell'ufficio di Omar Sulayman al Cairo. Lui e Sulayman l'hanno fatto aggiungendo la clausola di riconoscere Israele sulla base di quattro punti che limitano la riconciliazione tra le parti in conflitto.
IV
Lungo la strada che porta allo stadio nazionale, dove si è tenuta la manifestazione, alcuni giovani su invito di Hezbollah issavano bandiere turche e gridavano “Ya Allah, ya rahman, ihfazh lana Erdogan!” (O Dio, o clemente, proteggi Erdogan!), slogan ripreso dal famoso “Ya Allah, ya rahman, ihfazh lana Nasrallah!” Questo rappresenta, nella mente collettiva delle masse che fanno la resistenza, il massimo dell'obbedienza al leader, limitarsi a chiedere a Dio che protegga gli uomini.
[...]
A differenza dei Palestinesi e di gran parte di quegli arabi che sostengono Nasrallah ci sono folti gruppi che hanno smesso di anelare ad una leadership che sia legata all'Iran o alle fazioni jihadiste moderne. Il fallimento di esperienze come quella dello Stato Islamico (per esempio l'Arabia Saudita o i Talebani) o della rivoluzione (dal nazionalismo arabo ad al-Qaida) li ha portati a divergenze che riguardano gli atteggiamenti non le logiche profonde. Hanno rifiutato Hamas ed accusato il movimento jihadista palestinese di essere uno strumento nelle mani degli sciiti Iraniani. Ma ecco che la Turchia si profila all'orizzonte, un'occasione per compensare l'inadeguatezza della leadership araba. Ed ecco Erdogan, si potrebbe appendere la sua immagine nelle case, ai balconi e sui vetri delle auto.
In conclusione il coinvolgimento degli indecisi nel movimento di resistenza viene su dal mondo islamico. Ecco la Turchia che sottoscrive il discorso dell'Iran di Khomeini: “Gerusalemme è una questione musulmana prima che araba”. Gli stessi turchi conoscono oggi il senso di orgoglio che hanno provato Iran e Siria a causa della posizione prossima a quella delle forze di resistenza. Palestina è diventato un nome che non si può aggirare in qualsivoglia questione che riguardi arabi, musulmani e persino occidentali. E lo stesso Israele, che non è più in grado di contare i nemici, si trova ad affrontare una nuova ondata di odio. Un'ondata che parla turco, dopo arabo e farsi.
Ci sono domande alle quali Israele non può rispondere. L'esperienza della Freedom Flotilla ha spinto individui e piccoli gruppi a cercare iniziative simili. Il mare di Ghaza questa estate vedrà invasioni di altro tipo. Diverranno turismo. Israele si troverà di fronte a due scelte: o accettare la sconfitta e tornare a casa oppure l'arroganza, ed inondare il mare di sangue. Ma ci sono nuove equazioni che stanno accarezzando Israele ultimamente, la sua regola è che il sangue che fa versare bilancerà quello versato dalla sua gente. E' il gioco in cui una palla rotola verso una grande fiammata che, seppur con un po' di ritardo, si dirige rapidamente verso di noi. E' lo stesso percorso che gli israeliani non vogliono vedere. Helen Thomas, una ragazza di novanta anni che ha lavorato per diversi decenni come inviata alla Casa Bianca, ha detto pochi giorni fa che “gli ebrei devono abbandonare la Palestina e tornare a casa loro”. Quando le è stato chiesto dove fosse la casa degli ebrei ha risposto: “in Polonia, in Germania, in America”.
… si può immaginare come la prossima guerra cambierà il volto della regione e cosa significherà?
articolo originale visionabile su Al Akhbar
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