C’è stato un momento, oggi pomeriggio, un momento di confusione. Dopo una repressione che si è scatenata con una violenza inaudita per la capitale, dopo momenti di guerriglia proprio nel centro di Tunisi, dopo i gas lacrimogeni, dopo i pestaggi e dopo gli spari si sono sentite delle voci, sempre più numerose con il passare dei minuti, secondo cui il presidente Zine El Abidine Ben Ali aveva lasciato il paese. Sembrava talmente incredibile e straordinario che tutti cercavano conferme, non osando gridare vittoria. E poi la conferma è arrivata.
Ventotto giorni di proteste ininterrotte in tutto il paese e oltre settanta morti ma, alla fine, la vittoria. E il dittatore che fugge.
Può un motto diventare realtà? Oggi in Tunisia è successo esattamente questo. Le parole “Ben Ali ala barra” scandite e fatte risuonare per tutto il paese erano diventate qualcosa di concreto alla fine del pomeriggio.
Così il popolo tunisino ha dato una lezione al mondo.
Ma è bastato poco perché già iniziasse a guastarsi questo successo. Dopo tutto il sangue che hanno visto scorrere, i tunisini non hanno neanche potuto godere appieno del risultato raggiunto. Giusto il tempo di esprimere qualche parola di gioia e subito i primi dubbi. Iniziano con il discorso del Primo Ministro Mohamed Ghannouchi che cita l’articolo 56 della Costituzione in cui si fa riferimento a un “caso di impedimento provvisorio” e a una “delega” delle funzioni del Presidente della Repubblica al Primo Ministro. Non cita, come molti avrebbero voluto e come giustamente si aspettavano, l’articolo 57 che cita invece il “caso di impedimento assoluto” per il quale “il Presidente della Camera dei Deputati assume immediatamente le funzioni del Presidente della Repubblica ad interim per un periodo che varia dai 45 ai 60 giorni.” E’ solo il Presidente della Camera dei Deputati, nello specifico Fouad Mebazaâ, ad avere il potere di indire nuove elezioni. Infatti Ghannouchi non parla di elezioni. Come il discorso di Ben Ali di ieri, anche questo non sembra avere il potere di placare gli animi. Sono in tanti ad esprimere perplessità; l’élite al potere è sempre la stessa ma la gente ha lottato per un cambiamento vero. Si organizzano dunque nuove manifestazioni: una per domani in cui chiedere una “Tunisia libera e veramente democratica”. Le adesioni non sono comunque paragonabili a quelle dei giorni scorsi. La gente ha dato molto alla lotta ed è stanca dei massacri. E poi potrebbe essere solo una giusta diffidenza dopo anni di dittatura e di inganni. La possibilità di elezioni anticipate non è da escludere dopo un unico discorso.
Ma ormai non sono più solo i dubbi a sciupare la vittoria…
Poco dopo il coprifuoco iniziano a girare per la città bande armate su camionette e macchine senza targa. Saccheggiano negozi e centri commerciali, irrompono nelle case , rubano, terrorizzano e aggrediscono i cittadini. Da Ben Arous a Salambo, dal Menzah al Mouroj, si rincorrono le testimonianze di chi vede queste milizie in azione. Vengono fatti circolare numeri di emergenza da chiamare in caso di aggressione. Le informazioni arrivano come sono sempre arrivate in questi giorni: voci, testimonianze pubblicate in rete. Più sono queste voci più un fatto è probabile. Sembra un metodo poco affidabile ma è così che si è saputo cosa stava realmente accadendo a Tunisi. D’altronde spesso queste voci sono state confermate dagli organi di stampa ufficiali dopo che già si erano diffuse su internet. Riporto quindi come una voce l’ipotesi che queste bande siano costituite da poliziotti e da ex prigionieri specialisti ingaggiati con lo scopo preciso di seminare il panico nella popolazione affinché si rimpiangano i tempi dell’ ”ordine”, i tempi di Ben Ali.
La situazione si fa grave al tal punto da spingere Ghannouchi a fare un altro discorso. Afferma che l'esercito ha avuto il compito di difendere la popolazione ma che le forze dispiegate nella capitale non sono abbastanza e che in tutti i quartieri gli uomini devono organizzarsi in maniera spontanea per difendere le loro famiglie e i propri beni. Afferma anche che si tratta di vandali, sempre presenti nei paesi che attraversano momenti simili; dice che vogliono rubare, approfittare della situazione e poi ipotizza che abbiano anche altri obiettivi. Non specifica quali ma si gioca il jolly pronunciando più volte la parola “terrorismo”.
La sera della liberazione è segnata dalla paura; sempre la stessa paura, marchio di fabbrica del regime.
Dopo giorni durissimi qualcuno ha rubato ai tunisini la gioia che meritavano di godere in questo momento.
Il resoconto di questo 14 dicembre avrebbe dovuto essere fatto di parole e toni diversi, più ottimisti e più incoraggianti. Ma questo è quello che è successo.
3 commenti:
bello questo post guido.
questo lo metto sul Lab
ciao
r
Ok, fate attenzione però al fatto che non sono io l'autore ma una nuova collaboratrice, Anna Castiglioni.
Ciao.
ok
provvedo
Posta un commento