Quello che sta accadendo così rapidamente giusto di fronte a noi, in un Paese che mi ha dato tanto ed al quale sono profondamente legato, non mi lascia nemmeno il tempo di mettere in ordine i pensieri.
La Tunisia è stata per anni vittima di un potere che ha esercitato la corruzione e la censura impunemente.
La famiglia della "First Lady" Layla Trabelsi ha accentrato nelle sue mani un considerevole patrimonio, gran parte delle principali aziende del Paese appartengono al clan.
La corruzione della polizia mista alla disperazione di un giovane accende la miccia di una rivolta che i quotidiani italiani, con una tecnica che padroneggiano ormai benissimo, ha subito battezzato "rivolta del pane".
I manifesti con il volto del presidente che campeggiano in ogni città e che per legge devono essere esposti in ogni esercizio pubblico vengono strappati e dati alle fiamme.
La polizia spara sui manifestanti. Spara e spara. Spara su un Popolo che per Costituzione non ha diritto al possesso delle armi. I figli di chi ha dato la vita per costruire la nazione si trovano oggi costretti a sognare di lasciarla, incapaci di poterla immaginare diversa, e nel momento in cui trovano il coraggio di esigere un cambiamento lo Stato, che per Costituzione deve difendere il popolo inerme, utilizza le bocche di fuoco dei suoi uomini per coprire le grida di chi vuole qualcosa di diverso dal proprio Paese.
Ora che scenario si apre?
Sembra che gli scontri e le manifestazioni continueranno per tutta la settimana, a meno che qualcuno non trovi una soluzione. E la soluzione va trovata in fretta perché il benessere economico del Paese che in gran parte poggia sugli investimenti stranieri rischia di svanire nel nulla nel momento in cui il governo non è in grado di assicurare stabilità. Negli ultimi due giorni praticamente tutti i titoli della borsa di Tunisi sono in caduta libera, compresi quelli della famiglia Trabelsi (la quale pare abbia comunque preso le proprie precauzioni convertendo parte del suo patrimonio in oro e mettendolo al sicuro nel Golfo).
Chi può trovare una soluzione? Chi vuole trovare una soluzione?
In tanti durante questi lunghi anni sono rimasti fuori dal discorso politico, praticamente tutti. E tutti fra qualche giorno, se Ben Ali non dovesse riuscire a riprendere in mano la situazione, vorranno poter dire la loro sul Paese da ricostruire. Tra tutti questi ci saranno ovviamente anche gli "islamisti" di Ghannushi i quali potrebbero avere gioco facile dato che le rivolte sono partite dai luoghi più economicamente e socialmente arretrati del Paese ed è proprio in questi contesti che l'islam politico trova terreno fertile. Il tutto in un momento in cui il dibattito tra le componenti islamiste e laiche aveva cominciato a riscaldare gli animi (vedi ad esempio le minacce a pensatrici come Olfa Youssef).
Per evitare che la Tunisia diventi una nuova Algeria è lecito sperare in una cooperazione d'emergenza tra militari, magistratura, forze produttive ed intellettuali del Paese?
P.S. Breve riassunto della giornata odierna: a Tunisi ci sono state due manifestazioni, quella degli artisti di fronte al teatro municipale, dispersa rapidamente a colpi gentili di manganello, e quella di fronte al ministero di giustizia, sulla quale non sono riuscito al momento ad avere informazioni dettagliate.
Appena sarò in possesso di altri dati li posterò nei commenti.
1 commento:
Pezzo interessante. E' vero la Tunisia è di fronte a noi. Eppure non così lontana come un tempo.
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