sabato 15 maggio 2010

La crisi del pensiero religioso tra dinamismo ed immobilismo




di 'Abd ez-Zahra ar-Rakabi *



Non c'è dubbio che la crisi del pensiero religioso nell'Islam non ha consolidato nel devoto una fede chiara, e che si è confrontata esclusivamente con un livello elevato di discussione, finché gli anni cinquanta del secolo scorso hanno rappresentato l'inizio di un'epoca di incertezza e confusione nel discorso di rinnovamento religioso nella quale sono sorte due fazioni opposte ed inconciliabili. La prima fazione si affrettò a costruire il concetto o i concetti di rinnovamento, mentre l'altra si rifaceva all'istituzione religiosa tradizionale la quale rifiutava con forza la nozione [introdotta] dalla prima, reputandola estranea alla religione, alla nahda, al progresso e al patrimonio [culturale], non essendoci legami autentici tra questi concetti e gli aspetti sopraelencati , nella misura in cui riguardano l'eresia, l'innovazione e l'occidentalizzazione.

Allo scopo di chiudere le strade e le aperture ai sostenitori dei concetti e delle idee di rinnovamento (qualunque sia la nostra posizione riguardo questi concetti e queste idee) il partito di chi si opponeva a questa loro posizione cominciò a propagandare lo slogan «L'islam divino non si modernizza né si rinnova» senza addentrarsi in dispute articolate ed esposizioni minuziose in risposta a questi concetti ed al loro sviluppo, benché nello stesso tempo non perdesse occasione per lanciare invettive ed accuse di miscredenza ai rinnovatori per via delle loro divergenze di pensiero e dottrinali. Ciò contribuì ad alimentare la crisi invece di aprire dibattiti per avere scambi di idee utili e proficui circa le modalità del rinnovamento, i quali avrebbero potuto far incontrare o raccogliere gli interessati su questo o su quest'altro ambito.

L'islam come religione, spiritualità e sigillo delle profezie, non si limita ad un insegnamento rigido o ad una testimonianza conclusasi nel tempo. Quello che vogliono i sostenitori del rinnovamento non è un cambiamento o una trasformazione, piuttosto si cerca è attivare scienze ed idee, generarne un'ondata aperta ad ogni epoca, fase ed età. Questo aspetto interessa studiosi, ricercatori, pensatori e storici del nostro tempo. Tuttavia queste loro preoccupazioni, come abbiamo detto in precedenza, sono state affrontate con un discorso violento da parte di coloro che non vogliono “travasare l'acqua stagnante in questo o quell'estuario”.

Se il pensiero religioso ha incontrato nel percorso di rinnovamento fattori ed eventi accumulatisi, essi hanno avuto il ruolo di ridurne l'apertura, l'emancipazione e lo slancio nonostante gli studiosi delle cause e delle conseguenze di tale limitazione, e del conseguente isolamento in cui abbiamo vissuto fino ai giorni nostri, fossero a conoscenza di questi fattori e di queste eventi (e fossero in grado di poter reagire alle trappole dell'isolamento e dell'arretratezza), dato che uno studio su questo aspetto di liberalità dell'Islam afferma: la comparsa dell'Islam nel VII secolo d.C. ha costituito un grande punto di svolta nella storia dell'umanità, ha provocato la più grande rivoluzione e vitalità nella storia del Medio Oriente, ha rappresentato l'emergere di un nuovo significato rispetto ai concetti divini che lo hanno preceduto, riconoscendoli e considerando loro come un preludio e sé stesso come il messaggio conclusivo. In queste società ha fatto esplodere una grande vitalità ad ogni livello ed ha portato alla nascita di una delle più grandi civiltà dell'umanità, la quale ha spianato la strada alla civiltà occidentale moderna, alimentandola con idee, invenzioni e conoscenze utili.

Tuttavia il ricercatore Mohammed Sabila rettifica, sottolineando che agli inizi del decimo secolo questa vitalità si convertì in atrofia, sia come risultato di fattori interni (inerzia burocratica ed intellettuale, conflitti interni) sia come risultato di fattori esterni (espansione e diffusione geografica, attacco del proletariato straniero per dirla con Toynbee, ovvero attacco di Mongoli e Tartari e caduta di Baghdad...).

In parallelo il risveglio si manifestò in Europa a partire dal XV secolo attraverso il Rinascimento, la Riforma, le scoperte geografiche, le rivoluzioni politiche e lo sviluppo scientifico ed intellettuale, rendendo l'Europa occidentale il centro del mondo moderno e fonte di irradiazione e diffusione di una culturale universale, ponendo una grande sfida alle altre civiltà, prima fra tutte quella islamica. Senonché questa sfida venne raccolta nel XVIII secolo, come risposta all'espansione e alla ricerca di risorse e nuovi mercati da parte dell'Europa contemporanea in un quadro di occupazione e colonialismo.

Ovvero la modernità occidentale, raggiunta una seconda tappa del suo sviluppo, si trasformò in una forza militare occupante che impose il suo modello con la forza delle armi, fondendo insieme colonialismo e modernizzazione.

E' vero che si è voluto incentrare questo studio sulle sfide esterne ed interne, tuttavia nel nucleo dell'argomento non sono state menzionate le cause dell'arretratezza e dell'affievolirsi di questa vitalità che ha illuminato il pensiero e la prospettiva dei musulmani se non come riferimento occasionale e rapido, in modo da allontanare il ricercatore dal principale movente del rilancio islamico dedicando pagine negative e positive al vitalismo, mentre la causa effettiva era “l'atrofizzazione del pensiero religioso contemporaneo”. Nei fatti tutto ciò è assolutamente sistematico, non essendo questa idea in linea con gli sviluppi ed i cambiamenti, né aperta alle innovazioni ed alle conseguenti implicazioni e rotture.

Ma questo studio pregevole e dettagliato segnala alla fine del percorso la “causa delle cause” e indica con estrema chiarezza e certezza che “il problema dell'immobilismo del pensiero dei musulmani risiede nelle loro scelte culturali e politiche”.

In ogni caso la dinamica della riflessione religiosa all'interno dell'Islam in epoca contemporanea è stata determinata, come dice Braham Ghalyun, dal confrontarsi con le pressioni politiche, strategiche e culturali alle quali sono state esposte le società musulmane, nel contesto della globalizzazione e della guerra economica, volte alla ricerca dell'egemonia tra i blocchi mondiali. Così come sarebbe difficile definire il pensiero religioso senza separare la posta in gioco religiosa da quella politica, allo stesso modo sarebbe impossibile rinnovare il pensiero politico, estromettere gli orientamenti contrari e successivamente impedire la mobilitazione religiosa senza porre un limite alla guerra di civiltà, il che significa prima di qualsiasi altra cosa estendere oggi la cerchia di pressioni materiali e morali sulle società musulmane.



* scrittore iracheno


Articolo apparso su Dar al Hayat

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