Perché la Tunisia è un Paese all'avanguardia e pur di non perdere il treno dello sviluppo adotta tutte le innovazioni e le pratiche di casa nostra.
Così in queste ore il governo Ben Ali, che pare non avere nessuna intenzione di cedere il potere, sta mettendo in piazza e per le strade una raffinata strategia di guerriglia urbana. Martedì pomeriggio la rete si era messa in allerta per le voci che prevedevano un utilizzo dal parte del ministero dell'interno di agenti infiltrati ed incappucciati che avrebbero dato l'assalto a negozi e banche. Puntualmente la sera stessa il canale nazionale Tunis 7 trasmetteva le immagini registrate da una presunta telecamera di sicurezza le quali mostravano dei giovani incappucciati nell'atto di attaccare una banca.
giovedì 13 gennaio 2011
mercoledì 12 gennaio 2011
Tunisia, ultimi aggiornamenti su quanto accaduto ieri notte
Notte calda a Tunisi. Verso le undici nel quartiere popolare di Hayy Ettadhamen viene data alle fiamme una stazione di polizia e viene assediato il Centro della Guardia Civile. La polizia reagisce e si parla di alcune vittime. Gli agenti riescono a disperdere la folla e ad isolare il quartiere. Intanto vengono registrate attività simili nei rioni di Omrane superiore e Intilaqa.
Notizia importantissima è quella del rifiuto del Capo di Stato Maggiore dell'esercito tunisino Rashid Ammar di usare la forza contro i manifestanti, rifiuto che gli è costato l'espulsione e la sostituzione col tenente generale Ahmed Shabbir.
Nella città di Regueb testimoni oculari affermano di aver visto l'esercito puntare i mitra contro la polizia intimandoli a fermarsi e permettendo ai manifestanti di salvarsi.
Parrebbe che quindi una parte consistente dell'esercito si stia schierando apertamente.
Alla luce di questi fatti alcuni membri della famiglia Trabelsi, i Materi, hanno già preso il volo, atterrando ieri notte all'aeroporto di Montreal, Canada.
A gran voce si chiede all'esercito di impedire la fuga del presidente.
Ci aggiorniamo a breve nei commenti e sulla pagina Facebook.
False proteste del pane e vere lotte di liberazione
ricevo e pubblico un articolo di Anna Castiglioni
E’ una frase tratta da uno degli ultimissimi articoli sui fatti di Tunisi, in questo caso pubblicato da La Repubblica. Non che la Repubblica faccia peggio di altri organi di informazione.
Dalla televisione ai quotidiani sembra che per i media italiani la falsa e fuorviante definizione di “rivolta del pane” sia la più gettonata. Non so se per risparmiare sui tempi televisivi, accomunando così due notizie e due paesi nettamente distinti, se per disinformazione causata da ignoranza o se per una disinformazione più studiata, che associare la parola dittatura al governo di Ben Ali potrebbe essere cosa non gradita. Ma se rimane il dubbio che mentano sapendo o meno di mentire, è invece una certezza che parlare di rivolta del pane significhi, giustappunto, mentire.
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martedì 11 gennaio 2011
Tunisi, manifestazioni e scenari possibili. Ipotesi di lettura.
Quello che sta accadendo così rapidamente giusto di fronte a noi, in un Paese che mi ha dato tanto ed al quale sono profondamente legato, non mi lascia nemmeno il tempo di mettere in ordine i pensieri.
La Tunisia è stata per anni vittima di un potere che ha esercitato la corruzione e la censura impunemente.
La famiglia della "First Lady" Layla Trabelsi ha accentrato nelle sue mani un considerevole patrimonio, gran parte delle principali aziende del Paese appartengono al clan.
La corruzione della polizia mista alla disperazione di un giovane accende la miccia di una rivolta che i quotidiani italiani, con una tecnica che padroneggiano ormai benissimo, ha subito battezzato "rivolta del pane".
I manifesti con il volto del presidente che campeggiano in ogni città e che per legge devono essere esposti in ogni esercizio pubblico vengono strappati e dati alle fiamme.
La polizia spara sui manifestanti. Spara e spara. Spara su un Popolo che per Costituzione non ha diritto al possesso delle armi. I figli di chi ha dato la vita per costruire la nazione si trovano oggi costretti a sognare di lasciarla, incapaci di poterla immaginare diversa, e nel momento in cui trovano il coraggio di esigere un cambiamento lo Stato, che per Costituzione deve difendere il popolo inerme, utilizza le bocche di fuoco dei suoi uomini per coprire le grida di chi vuole qualcosa di diverso dal proprio Paese.
La Tunisia è stata per anni vittima di un potere che ha esercitato la corruzione e la censura impunemente.
La famiglia della "First Lady" Layla Trabelsi ha accentrato nelle sue mani un considerevole patrimonio, gran parte delle principali aziende del Paese appartengono al clan.
La corruzione della polizia mista alla disperazione di un giovane accende la miccia di una rivolta che i quotidiani italiani, con una tecnica che padroneggiano ormai benissimo, ha subito battezzato "rivolta del pane".
I manifesti con il volto del presidente che campeggiano in ogni città e che per legge devono essere esposti in ogni esercizio pubblico vengono strappati e dati alle fiamme.
La polizia spara sui manifestanti. Spara e spara. Spara su un Popolo che per Costituzione non ha diritto al possesso delle armi. I figli di chi ha dato la vita per costruire la nazione si trovano oggi costretti a sognare di lasciarla, incapaci di poterla immaginare diversa, e nel momento in cui trovano il coraggio di esigere un cambiamento lo Stato, che per Costituzione deve difendere il popolo inerme, utilizza le bocche di fuoco dei suoi uomini per coprire le grida di chi vuole qualcosa di diverso dal proprio Paese.
lunedì 10 gennaio 2011
Tunis, il giorno della manifestazione
Oggi verso l'una Tunisi ha assistito alla manifestazione che attendeva da settimane. Il gruppo di manifestanti, in principio davvero esiguo, si raggruppa al Passage, importante ed ampio nodo urbano della capitale. Il posto è “presidiato” da parecchi poliziotti in borghese che immediatamente invitano i ragazzi ad abbandonare la piazza cercando di separarli. Al gruppo iniziale si aggiungono sempre più persone e si cominciano a scandire slogan e a cantare l'inno. Quando il gruppo ormai
sempre più numeroso decide di dirigersi verso Avenue Bourguiba, il cuore della città, interviene anche la polizia in uniforme cercando di fare blocco. Cominciano i primi tafferugli, chi è in prima fila prende qualche manganellata ma il gruppo riesce a trovare un varco ed incamminarsi, facendosi corteo. Dopo essersi ben incanalato lungo la via la polizia effettua una carica da dietro riuscendo rapidamente a disperdere la folla.
Parrebbe ci siano stati due soli arresti e che domani gli istituti scolastici rimarranno chiusi.
Quella che sembrerebbe la cronaca di una normale manifestazione assume in Tunisia tutto un altro significato, è il regime che mostra delle crepe. Può essere l'inizio di qualsiasi cosa, della realizzazione di un sogno così come il concretizzarsi di un incubo.
domenica 9 gennaio 2011
Da Sidi Bouzid a Tunis, resoconto confuso di una rivolta azzoppata
Nella sua celebre muqaddima lo storico tunisino Ibn Khaldun mette in luce quella che sembra essere stata una dinamica costante dei Paesi mediterranei, in particolar modo di quelli arabi: l'avvicendarsi al potere di popolazioni nomadi le quali una volta sedentarizzatesi ed assaporati i piaceri e le comodità della città finiscono per infiacchirsi e per essere rapidamente sostituite da altre popolazioni nomadi. Per quanto riguarda l'Africa mediterranea queste ondate di rinnovamento sono sempre provenute dalle montagne e dalle steppe dell'interno.
Oggi le fiamme che stanno scuotendo la Tunisia si sono dipartite proprio da quelle zone dell'interno: Sidi Bouzid, Gafsa, El Kef. E' ovvio che non si tratta di nomadi lanciati alla conquista del Palazzo eppure forse per la prima volta dalla rivolta del pane dei primi anni ottanta la Tunisia sta vivendo una serie di manifestazioni che interessano un numero sempre maggiore di città.
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