sabato 29 gennaio 2011

Egitto e Tunisia: quando il baluardo dell'occidente è la tortura

“Se salta Mubarak è il caos: 80 milioni di egiziani fuori controllo al confine di Israele e al confine marittimo dell'Europa sono una seria incognita.”
E’ l’analisi dell’esperto apparsa ieri su La Repubblica. Il crollo del regime si dice, e non si fatica a crederci, è fonte di preoccupazione per i “tradizionali sostenitori del governo egiziano: Stati Uniti, Francia, Italia, Germania”. A questa stessa preoccupazione danno voce diversi giornalisti nel presentare le notizie di queste ultime ore. Ed è più o meno la stessa preoccupazione che molti esprimevano nei giorni della rivoluzione tunisina, garantendo sostegno al governo Ben Ali.
Così, ottanta milioni di egiziani dovrebbero sottostare al controllo di un dittatore, un dittatore che da trent’anni governa un paese sotto legge marziale, perché qualcuno dorma sonni tranquilli. Sono le misteriose ragioni della politica, comprensibili solo a chi, guardando il mondo, vede una scacchiera: in termini di caselle e di confini da difendere e di popoli che devono vivere in funzione di un ordine politico economico non meglio identificato.

Chi scrive non pretende di parlare di politica né tanto meno di economia; vuole solo raccontare delle storie. Oggi si vogliono raccontare la storie di alcune vittime dei regimi “baluardo dell’occidente” che per anni hanno, pare, tenuto a bada le preoccupazioni degli esperti di politica internazionale.

Faiçal Baraket viene arrestato l’8 ottobre 1991: sono gli anni della prima ondata di arresti di oppositori, per la maggior parte islamisti, del governo Ben Ali. Faiçal ha 25 anni ed è uno studente di matematica e fisica all’Università di Tunisi. E’ iscritto all’ UGTE, sindacato di matrice islamista attivissimo in quegli anni ed è membro di Ennahda. Faiçal viene prelevato da membri delle squadre speciali di ricerca e portato alla stazione di polizia di Nabeul: quando arriva mostra già tracce di violenza. Portato in un ufficio verrà torturato per ore. Altri prigionieri, che stavano aspettando di essere interrogati nei corridoi, racconteranno di aver sentito le sue urla. Quando viene gettato nel corridoio Faiçal è agonizzante e ha le mani e i piedi legati e segni di torture su tutto il corpo. A nessuno, neanche a suo fratello Jamal, arrestato insieme a lui, viene permesso di prestargli soccorso. Dopo mezz’ora l’agonia del ragazzo è finita. Il 17 ottobre suo padre viene accompagnato a Tunisi dalla polizia stradale che lo informa che il figlio è morto in un incidente. Per il riconoscimento del figlio gli verrà mostrato solo il viso, il corpo rimane coperto. Con Jamal ancora in carcere il padre è costretto a firmare un documento in cui dichiara che la causa della morte di Faiçal è stata un incidente. Nel rapporto dell’autopsia si legge di ematomi, di lesioni su tutto il corpo e di una perforazione della giuntura rettosimoidea. I medici dell’ospedale Charles Nicolle la riterranno compatibile con un incidente. Nel 1992, in seguito alla denuncia di un rifugiato, Amnesty International incarica una revisione dell’autopsia. Analizzando le lesioni descritte dal rapporto dei medici tunisini si stabilisce che “la morte è stata causata dall’introduzione forzata nell’ano di un corpo estraneo della lunghezza di 15 cm”.
Khaled Said, 28 anni, egiziano, viene fermato all’uscita da un internet point da due poliziotti. Portato nell’ingresso di un palazzo adiacente verrà picchiato a morte. Testimoni affermano che i due poliziotti gli hanno ripetutamente sbattuto la testa contro il muro e contro le scale. Le foto del corpo di Khaled hanno fatto il giro del mondo, testimonianza contro cui il regime non può intervenire a differenza di quanto successo con coloro che hanno assistito all’omicidio, che verranno minacciati insieme ai loro famigliari e, in alcuni casi, costretti a ritirare le denunce.
Zouhair “Ettounsi” Yahyaoui, primo cyber dissidente tunisino, creatore del sito Tunezine, viene arrestato il 4 giugno 2002 da sei poliziotti in borghese che non esibiscono nessun mandato. Per cinque giorni rimane segregato al Ministero dell’Interno dove subisce continue sessioni di tortura perché riveli i codici di accesso al sito. Processato e condannato a 28 mesi per “diffusione di false informazioni” e “uso abusivo di internet” in carcere Zouhair si ammala di scabbia e inizia a soffrire di una grave patologia renale. Durante la sua prigionia conoscerà tutti i trattamenti riservati ai prigionieri politici: aggressioni, soppressione dell’ora d’aria, mancate cure sanitarie, isolamento, furto del cestino che la famiglia gli porta settimanalmente. Per protesta, in due anni, si sottopone a tre scioperi della fame. Rilasciato nel 2002 in libertà condizionata per le sue condizioni di salute Zouhair muore due anni a causa di una crisi cardiaca all’età di 36 anni.

Faiçal, Khaled, Zouhair sono stati vittime di due regimi feroci a cui non è mai mancato il sostegno esterno. Garanzia di stabilità, la chiamano. Invece per le strade di Tunisi due settimane fa e oggi per le strade del Cairo centinaia di persone hanno lottato e lottano per altre garanzie. E qualcuno perde il sonno.
Allora vorrei chiedere a questi strateghi, a questi fini politologi, sostenitori dell’ordine e del controllo, di leggere i rapporti sulle torture subite nelle carceri tunisine ed egiziane da centinaia di prigionieri o di cercare online le immagini dei corpi delle vittime o ancora di ascoltare le testimonianze delle famiglie. Se dopo questo il regime di Mubarak parrà loro ancora una buona alternativa alla “seria incognita” che rappresentano “80 milioni di egiziani fuori controllo”, se dopo questo dormiranno ancora i loro sonni tranquilli, allora la minaccia alla sicurezza è un’altra ed è la distorsione di alcuni valori che non dovrebbero essere mai messi in discussione.
La libertà di 80 milioni di egiziani e di 10 milioni di tunisini è un valore fondamentale, da non mettere in discussione. Le vite di Faiçal, di Khaled e di Zouhair erano valori fondamentali, da difendere, sicuramente più dei confini marittimi dell’Europa. Per chi mette l’umanità prima delle analisi e delle strategie, questi sono i valori da difendere.
Politici, analisti…sono parole che non hanno senso.
Ci sono uomini. Ci sono bestie.

6 commenti:

Camilla ha detto...

Perfetto, credo che lo diffonderò sul mio blog e su facebook, dice tutto quello che va detto.

Anonimo ha detto...

Un post neoconservatore che non si può che sottoscrivere. Un solo appunto, questo atteggiamento va portato avanti sempre ed ovunque, ci sono persone più cattive di mubarak, e non vorrei che se prendessero loro ilm potere con la forza, questo spirito positivo si trasformasse in oblio, perchè allora si, qualcuno potrebbe avere nostalgia
www.maurod.ilcannocchaile.it

Giorgioguido Messina ha detto...

Un post neoconservatore? Ma, di grazia, che vorrebbe dire? E per quale motivo?

Anonimo ha detto...

è neoconservatore perchè rifiuta lo status quo a favore della democrazia. tra l'altro un video interessante
http://www.youtube.com/watch?v=aWcKewmyh_o&feature=player_embedded#
www.maurod.ilcannocchiale.it

Giorgioguido Messina ha detto...

Continuo a non capire...

Anonimo ha detto...

pazienza