martedì 15 febbraio 2011

Algeri: manifestazione tra polizia, avvocati novantenni e musicisti

UN PRIMO PASSO PER IL CAMBIAMENTO


Il Coordinamento Nazionale per il Cambiamento e la Democrazia (CNCD) denuncia la repressione sproporzionata della manifestazione. Numerosi politici hanno risposto, ieri, all’appello per la marcia.


Un’aria da “Maydan Attahrir”, l’eroica piazza della Liberazione cairota: ecco a cosa somigliava la piazza 1°maggio ieri. Militanti politici, associazioni, sindacalisti, disoccupati, quadri, funzionari, donne, molte donne, artisti, studenti, universitari, pensionati, adolescenti, ragazze giovani, anziani, laici, islamisti, comunisti, “facebookisti”, senza fissa opinione: la piazza era vivace, fremente, piena di quella esaltazione rabbiosa delle città fiere.
Erano diverse migliaia a rispondere all’appelli del Coordinamento Nazionale per il Cambiamento e la Democrazia (CNCD) investendo, nelle prime ore della giornata, la piazza del 1° maggio, da dove partire la marcia per poi dirigersi a piazza dei Martiri. Una marcia per la libertà repressa con brutalità ma trasformatasi rapidamente in un immenso sit-in, un raduno spettacolare durato dalle 8.00 alle 16.00. E durante queste otto ore, i manifestanti hanno tenuto l’”assedio” di Algeri, facendo penare l’apparato repressivo del regime.






M. Ali Yahia Abdennour brutalizzato selvaggiamente
Sono le 8.30 e la tensione cala su Algeri. Via Didouche Mourad è presa d’assalto da un imponente dispositivo di polizia. Diversi membri delle Unità repubblicane di sicurezza (URS) con caschi, giubbotti antiproiettile, scudi antisommossa e manganelli, hanno preso posizione attorno alla sede regionale del RCD. Un profumo di scenario alla 22 febbraio aleggia nell’aria. L’atmosfera è tesa. Diversi negozi hanno abbassato le saracinesche. I tabaccai e qualche caffè assicurano un minimo di viavai. Un elicottero non smette di volteggiare nel cielo producendo un ronzio snervante. “Ecco la vera provocazione! Ci si potrebbe credere nel mezzo dei territori occupati”, si indigna un cittadino.
8.50. Piazza 1° maggio. Uno spiegamento di polizia impressionante spartisce la piazzetta contigua all’ospedale Mustapha Pacha. I CNS sono sul piede di guerra. Gli organizzatori sono arrivati presto in mattinata per inquadrare i manifestanti. “Sarà difficile trovare posto in mezzo a tutti questi poliziotti che occupano gli spazi”, osserva un militante dei diritti dell’uomo. Immediatamente, diversi membri del CNCD vengono interpellati in malo modo dalla polizia. Un gruppo di deputati RCD cui era stato impedito l’ingresso sono condotti in commissariato. Tra loro, Tahar Besbas, Mohcen Bellabes e Arezki Aïder.
9.05. L’avvocato Ali Yahia Abdennour, circondato da alcuni militanti, è violentemente spintonato da un’orda di poliziotto infuriati. I CNS vogliono a tutti i costi svuotare la piazza ma l’infaticabile militante che è non ci sente da quest’orecchio. “Ana nemchi ma’ echa’ab!” (io marcio con il popolo), ripete. A 90 anni (è nato nel 1921), Ali Yahia è più determinato che mai a venire alle mani con i sostenitori del regime. D’altronde, se il raduno ha avuto luogo, lo si deve in gran parte al coraggio e alla tenacia di Ali Yahia. “I poliziotti sono dei figli del popolo e devono marciare con noi! Che interesse c’è nel servire un regime che ha preso tutti i miliardi dell’Algeria, più che in Tunisia e più che in Egitto?” afferma. A forza di essere percosso, il presidente onorario della Ligue Algérienne des Droits de l’Homme, è colto da malore mentre il disordine regna su piazza della “Concordia”. Il dispositivo di polizia cerca di contenere i manifestanti e di impedir loro ogni tentativo di fare blocco.




«Echaâb yourid isqat ennidham !»
Un gruppo è riuscito a formarsi scandendo: “Système barra!” (via il sistema), “Ne abbiamo abbastanza di questo potere”, “Potere assassino!”. Dei cartelli e delle bandiere sono branditi dietro ai poliziotti che non hanno visto arrivare il gruppo: “Abbasso la dittatura!” grida la folla trascesa. La polizia si lancia sui manifestanti e strappa loro i cartelli dalle mani. I fermi si moltiplicano. Decine di manifestanti vengono portati via in pochi minuti. Non sono state risparmiate neanche le donne. Sono state arrestate a decine. Per lo scopo ci si è abbondantemente serviti di donne poliziotto. Chérifa Kheddar, presidente dell’associazione Djazaïrouna (Algerine), ha subito la stessa sorte: “Mi hanno arrestata per aver denunciato i “baltaguia”, la sbirraglia di Bouteflika, invece di arrestare quei delinquenti, e sono stata portata al commissariato dell’ottavo [dipartimento, circoscrizione, ndr.]. C’erano almeno una ventina di donne là dentro”, testimonia. “Ridateci l’Algeria!” intonano altre donne. Dei diverbi scoppiano con i CNS, seguiti da convocazioni altrettanto violente. Passata la prima ora, caratterizzata da una gestione particolarmente energica da parte della polizia, i manifestanti riescono ad occupare i loro spazi e a marcare il territorio. Relegati davanti alla stazione di servizio attigua alla fontana del 1° maggi, sono circondati da un imponente sbarramento di CNS. Ma se non possono proseguire la marcia possono almeno improvvisare un raduno. Altri gruppi di oppositori prendono posizione, rivelano cartelli e bandiere che avevano sapientemente nascosto. Su uno dei cartelli si legge: “Uno: Tunisia. Due: Egitto. Tre: Viva l’Algeria!”. Tutti scandiscono all’unisono “Echa’ab yourid isqat ennidham!” (Il popolo vuole la caduta del regime). E continuano: “Boteflika, Ouyahia, houkouma irhabiya” (Boteflika, Ouyahia, governo terrorista). La piazza è stata conquistata, dopo che la paura è stata dissipata la folla continua ad aumentare. Galvanizzati dallo slancio dei più esperti, numerosi cittadini rimasti fino a quel momento scettici, hanno spontaneamente raggiunto il movimento. Una donna avanza con un mazzo di fiori bianchi alludendo alla Rivoluzione del gelsomino che ha liberato la Tunisia. Mohamed Baghdadi, membro della Rete dei democratici, la segue marciando con un fiore in mano. Un uomo ci si avvicina e tuona: “Il Dipartimento di Informazione e Sicurezza è la linfa del sistema, deve sloggiare!”.


Amazigh Kateb infiamma gli animi





I manifestanti vengono respinti dalle forze antisommossa fino alla decima rotonda nei pressi della stazione degli autobus del Champ de Manœuvres. Questo gioco si ripete per tutta la giornata: i CRS circondano un gruppo di manifestanti e gli impediscono di avanzare; un altro gruppo cambia posizione e ritenta di lanciare la marcia. A un certo punto, una folla compatta occupa completamente lo spazio riservato alla stazionamento dei taxi in piazza 1° maggio. Alcuni hanno assaltato le pensiline che si trovano lì vicino. Appollaiati sulle panchine, personalità di spicco del moviemento: Ali Yahia Abdennour, il presidente del RCD Said Sadi, l’oppositore Arezki Aït Larbi (SOS Libertà), come anche Mustapha Bouchachi (LADDH). Gli slogan si fondono e risuonano sempre più forte: “Moubarak rah, la’aqouba l’Bouteflika” (maubarak se n’è andato, è il turno di Bouteflika), “Djazaïr horra, Bouteflika barra!” (Algeria libera, Bouteflika vattene), ecc…
Altro momento topico: l’entrata in scena dell’ex leader degli Gnawa Diffusion, Amazigh Kateb. Il figlio di Kateb Yacine el Keblouti, insorto in piena rivolta d’Algeri: un simbolo! Il suo arrivo infiamma letteralmente la folla. Viene immediatamente issato sulle spalle dei manifestanti in delirio. Anche altri artisti, come il musicista Safy Boutella,si sono uniti alle manifestazioni. 10.30. Lì vicino, segni di panico, per un perché, tra i CNS: è arrivato Ali Benhadj. I suoi sostenitori gridano “Ya Ali, Ya Abbas, el djabha rahi labès!”. Alcuni manifestanti rispondono “Boulayha barra!” (barbuto vattene). Alu Benhadj viene portato via poco dopo e seguiranno tafferugli.


Da segnalare: la contro manifestazione di giovani che ripetono “Bouteflika machi Moubarak!” (Bouteflika non è Moubarak), “Bouteflika eddana l’esoudane” (Boueflika ci ha portati in Sudan). Vengono subito apostrofati come “baltaguia” e “delinquenti al soldo del potere”. Uno di loro ha anche tentato di aggredire Amazigh Kateb. Nel primo pomeriggio la contro manifestazione si disperde. I giovani del quartiere scandiscono “Khawa, khawa, zkara feddoula! (siamo tutti fratelli, a scapito del sistema).
Si è creato un gruppo attorno ad Amazigh Kateb, vicino alla fermata degli autobus. Rapidamente il gruppo invade Boulevard Belouizdad e si prepara a marciare in direzione del Minisetro della Gioventù e dello Sport. “Barra barra ya l’pouvoir” è il nuovo slogan dei rivoltosi. Una deflagrazione nell’aria: una bomba lacrimogena. “Il potere vuole gestire la generazione facebook con lo spirito del 1962”, ironizza qualcuno. Dalle 13.00 la manifestazione cambia. Nonostante l’afflusso continuo di manifestanti, i giovani del quartiere di Belouizdad prendono il comando. Solo che hanno smesso di prendersela con chi marcia. “Gli abbiamo parlato e li abbiamo rivolti contro chi li aveva pagati” si rallegra Abderrahmane Oukali, capo della sede del RCD di Algeri.
Man mano che passano le ore, la piazza del 1° maggio sembra sempre più conquistata. Si accendono dei dibattiti appassionati tra “pro” e “anti” Bouteflika, il tutto in un’atmosfera cittadina carica, di quelle che gli algerini non vedevano da un bel pezzo. Forse è proprio questa la più grande vittoria di questa giornata travolgente: legare di nuovo tra loro gli algerini. “Questa marcia, anche se è stata repressa dalla polizia, anche se a migliaia di manifestanti è stato impedito di raggiungere la capitale, è stata un successo, per me”, esulta Mustapha Atoui del sindacato autonomo Snapap e membro del CNCD, che aggiunge: “Basta dirsi che è solo l’inizio e che non bisogna abbandonare. In Egitto hanno cominciato in 40 e sono finiti con l’essere milioni. E’ l’inizio della fine di questo sistema!”




L'articolo originale è visionabile su El Watan

Nessun commento: