mercoledì 8 dicembre 2010

Sulla legittimità ideologica e storica di Israele, intervista con Shlomo Sand

Lo scrittore israeliano Shlomo Sand, 63 anni, è stato in Marocco la settimana scorsa per presentare il suo libro, uscito il 3 settembre per “Fayard”, intitolato “Come fu inventato il popolo ebreo”.
Per l'occasione il professore di storia all'università di Tel Aviv ha partecipato a due presentazioni, presso la Fondazione Ibn Abd el Aziz e presso Carrefour des livres.
L'opera in Israele è stata un vero best-seller vendendo diversi milioni di copie [un libro che vende milioni di copie in un Paese con 7,5 milioni di abitanti suona un po' eccessivo per gli standard italiani, n.d.t.]. Ha conosciuto un discreto successo anche in Europa. Le copie ordinate dal Carrefour des livres sono andate via come il pane ed è stato necessario ordinarne di nuovi.
Nella sua opera Sand rimette in questione la legittimità storica della “nazione ebraica israeliana” ma invita i popoli arabi a riconoscere lo Stato di Israele come conditio sine qua non per andare avanti.




  • L'Economiste: Perché ha scelto un titolo così provocatorio?
  • Shlomo Sand: In ebraico il titolo è un po' più lungo, “Quando e come il popolo ebraico è stato inventato?”. E' un titolo che fa vendere, è vero, ma non è particolarmente provocatorio. Ho solo tentato di rispondere ad una domanda. Tutti credono che il popolo ebraico sia stato inventato 20000 anni fa. In realtà comunità religiose ebraiche esistono da migliaia di anni ma il popolo ebraico è stato inventato solo 150 anni fa. E credo che l'espressione “popolo ebraico” non sia corretta.
  • Perché l'espressione popolo ebraico non le sembra corretta?
  • La parola popolo ha una connotazione di proprietà su una terra. Non si può dire che ci sia un popolo ebraico. Quando oggi si parla di popolo marocchino si intende qualcuno che ha una lingua, pratiche e tradizioni comuni. Ora io non credo che 500 anni fa gli ebrei di Londra e quelli di Marrakesh avessero delle pratiche e delle norme culturali comuni. Avevano in comune una fede e dei rituali religiosi ma se le sole affinità tra due gruppi umani sono di natura religiosa io chiamo questo una comunità o una setta religiosa, non un popolo.
  • Da dove vengono gli ebrei?
  • Tutti pensano che l'esilio del popolo ebraico sia l'elemento fondatore della storia del giudaismo, della diaspora. Nel corso delle mie ricerche ho scoperto che il mito dello sradicamento e dell'espulsione si è costituito in seno al patrimonio spirituale cristiano per infiltrarsi più tardi nella tradizione ebraica. In realtà gli ebrei non vengono tutti dal grande esilio del 70, ma al contrario hanno le origini più diverse. La maggior parte degli israeliani crede di avere la stessa origine genetica. E' stata una vittoria di Hitler instillare il concetto che tutti gli ebrei appartengano alla stessa razza. Ma è falso, non hanno tutti la stessa origine né appartengono allo stesso ceppo. Sono Berberi, Arabi, Francesi, Galli...
  • Lei dice nel suo libro che l'esistenza di Israele è stata giustificata da una memoria “ebraica”, una memoria che è stata inventata...
  • Si, penso che chi ha voluto dare forma ad una nazione ebraica israeliana abbia cominciato col riflettere sul passato, strumentalizzandolo per fare emergere una dimensione di continuità. Nel caso del sionismo bisognava investire cospicuamente per acquistare una terra che apparteneva ad un altro popolo. Sarebbe stata necessaria una forte legittimità storica. In quanto cittadino israeliano trovo assurdo che qualcuno che abbia vissuto su una terra duemila anni fa possa pretendere di avere dei diritti storici su quella stessa terra. Allora bisognerebbe far uscire tutti i bianchi dagli Stati Uniti, far tornare gli Arabi in Spagna... Da un punto di vista politico questo libro non è però radicale. Non cerco di distruggere lo Stato di Israele. Affermo che la legittimità ideologica e storica sulla quale si fonda oggi l'esistenza di Israele sia falsa.
  • Ciò vuol dire che lei non nega l'esistenza dello Stato di Israele?
  • Cerco di essere uno storico ma sono anche un cittadino che pensa politicamente. Da un punto di vista storico dico: no, gli Ebrei non hanno alcun diritto storico sulla terra di Palestina, che siano di Gerusalemme o meno. Ma dico anche, da un punto di vista più politico: non potete riparare ad una tragedia con un'altra tragedia. Negare l'esistenza di Israele vuol dire preparare una nuova tragedia per gli Ebrei israeliani. Ci sono dei processi storici che non si possono cambiare. Mi oppongo ad ogni occupazione dei territori palestinesi. Sono d'accordo con la creazione di uno Stato palestinese realmente indipendente che sorga a fianco di Israele. Ma parallelamente vorrei fare dello Stato di Israele una vera democrazia per tutti i suoi cittadini, senza distinzione di religione, origine o sesso. Considerare lo Stato di Israele come uno Stato ebraico sarebbe catastrofico, sarebbe come ridurre la Francia ad uno Stato cattolico. Ma bisogna aver chiaro che riconoscere lo Stato di Israele è una conditio sine qua non per avanzare nella regione.
  • Cosa pensa della decisione delle Nazioni Unite di creare lo Stato di Israele nel 1947?
  • Sarebbe stato più logico creare uno Stato ebraico in Europa. I Palestinesi non erano colpevoli di quanto fatto dagli Europei. Se qualcuno avesse dovuto pagare il prezzo della tragedia questi sarebbero dovuti essere gli Europei, nello specifico i Tedeschi. Ma non i Palestinesi. Inoltre la divisione non è stata equa. Gli Arabi erano 1,3 milioni, gli ebrei 630mila, la terra è stata divisa a metà. Oggi i Palestinesi hanno meno del 22% del territorio .
  • Non approva più l'idea di uno Stato bi-nazionale?
  • Assolutamente: l'idea di uno Stato bi-nazionale è, a mio parere, idiota perché ritirare Israele dai territori occupati può essere fatto con la forza ma per creare uno Stato bi-nazionale ci vuole il consenso di due società. Ciò oggi non è possibile, né l'una né l'altra sarebbe d'accordo. Per il futuro spero che gli Arabi e gli Israeliani possano vivere insieme, in simbiosi. Ma per il momento vorrei che l'arabo israeliano diventi un cittadino a pieno titolo. E spero che Israele abbia un presidente metà ebreo e metà arabo.
  • Come si immagina la risoluzione del conflitto israelo-palestinese?
  • Bisogna che Israele accetti il principio di uno Stato palestinese, che smantelli tutte le colonie, che dia delle terre buone ai Palestinesi secondo i confini del 1967. Gerusalemme deve diventare la capitale dei due popoli. Bisogna riconoscere i torti fatti ai Palestinesi ed indennizzare i rifugiati ed i loro figli. Tuttavia sono dubbioso circa il diritto di ritorno a tutti i rifugiati palestinesi dal momento che la maggior parte delle case è stata distrutta e che è impossibile che economicamente un territorio così piccolo possa accogliere sei milioni di persone contemporaneamente. Bisognerebbe accettare d'altronde una parte di quei rifugiati, soprattutto quelli che vivono in Libano.

Articolo originale di Nadia Belkhayat apparso in francese su L'economiste 

18 commenti:

Anonimo ha detto...

secondo me questo quà è un po folle
il popolo ebraico non è stato inventato 150 anni fa ma esisteva migliaia di anni fa, poi è stato distrutto attraverso guerre e diaspore, ma esisteva anche prima, con caratteristiche diverse, ma era pur sempre un popolo ebraico.
quando si parla di "popolo ebraico" non si intende "qualcuno che ha una lingua, pratiche e tradizioni comuni" ma qualcuno che ha in comune la religione. il termine "setta" ha un'altros ignificato, che si discosta da una dottrina preesistente, mentre l'ebraismo attuale risale a quello preesistente. chi ha voluto creare lo stato ebraico non ha fatto altro che notare che gli ebrei dovevano avere n loro stato per sfuggire alle persecuzioni, e le radici storiche che accumunavano gli ebrei risiedevano in terra di israele. poi parla di "acquistare una terra che apparteneva ad un altro popolo" quale sarebbe questo popolo? quello palestinese non è mai esistito.
il diritto degli ebrei ad avere uno stato nonn risale a 2000 anni fa ma al 1948 quando l'onu lo ha stabilito. il paragone con i bianchi di america è assurdo perchè oggi esistono gli stati uniti d'america, ma prima non esisteva lo stato di palestina.
poi dice "non potete riparare ad una tragedia con un'altra tragedia" come se la creazione di un rifugio per gli ebrei fosse una tragedia... parla di territori palestinesi, ma quali sarebbero i territori palestinesi? cos'è la palestina? considerare lo stato israeliano come ebraico non è catastrofico ma è un modo per evitare un altro olocausto e fare il paragone con la francia cattolica è assurdo, i cattolici francesi non rischiano lo sterminio ed in ogni caso avrebbero di sicuro altre case dove trovare una cultura a loro consona. i palestinesi non hanno pagato alcuna tragedia dalla nascita di israele, primo perchè i palestinesi non sono mai esistito, o se sono esistiti erano in parte ebrei che sostengono israele.
il problema dell'equità della suddivisione è una baggianata, ad israele è stato dato più terra perchè dovevano arrivare altri ebrei da tutto il mondo in fuga dalle persecuzioni mentre gli arabi avevano decine e decine di stati non ebreaici dove andare.
www.maurod.ilcannocchiale.it

Camilla ha detto...

IL commento sopra è emblematico dell'egoismo con cui si avoca per sè (o per la parte che si sostiene) tutta la sofferenza negandola agli altri.
Tralasciando che a me sembra decisamente poco per affermare l'esistenza di un popolo che questo supposto popolo abbia "in comune la religione" (in generale, senza scendere nel merito dell'esistenza o meno del popolo ebraico): sono un popolo i drusi? Gli alawiti? I Baha'i? E ho fatto questi esempi per riferirmi a casi di religioni praticate da poche persone e in cui quindi può esserci un fattore aggregante, visto che mi sembra ovvio e palese che noi e i francesi non siamo un unico popolo in virtù del fatto di essere cattolici. Ma lasciamo appunto stare: qui molto dipende da cosa si definisce come popolo e da quanto si vuole ampliare la portata di questa parola.
Quello che veramente mi fa girare le scatole è appunto l'egoismo che traspare dal resto del commento.
"parla di "acquistare una terra che apparteneva ad un altro popolo" quale sarebbe questo popolo? quello palestinese non è mai esistito."
Meravigliosa. Da un lato ci si incavola perché si nega la dignità di popolo agli ebrei ma dall'altro non ci si fa problemi a negare questa stessa dignità all'altra parte, i Palestinesi. INoltre al di là del fatto che i Palestinesi hanno delle caratteristiche peculiari rispetto ad altri popoli arabi che li distinguono da essi, anche a voler negare che siano un popolo distinto dai Giordani (che è quello che di solito ripetono quelli che negano siano un popolo) loro vivevano in quella che è ora Israele e questo è un fatto incontestabile. Sostenere quello che sostieni tu, Mauro, equivale a dire che se domani l'Italia decide di cacciare gli Alto Atesini dal Sud Tirol può farlo impunemente, perché tanto, il popolo sudtirolese non esiste (sono fondamentalmente austriaci)! Ma come fai a dire una cosa del genere? Che tu li ritenga un popolo o no - e anche qui ti ripeto, mi dovresti dire su che basi non li ritieni un popolo - i Palestinesi vivevano nel territorio compreso tra il Giordano e il Mediterraneo e quella terra gli apparteneva. Punto.
A

Camilla ha detto...

Altra perla: "il paragone con i bianchi di america è assurdo perchè oggi esistono gli stati uniti d'america, ma prima non esisteva lo stato di palestina": appunto, oggi esistono, ma prima dell'immigrazione non esistevano! Quello che Sand vuole dire è che se ti basi su una idea di appartenenza storica, cioè se dici che hai un diritto su quella terra perché ci vivevi mille anni fa, allora i nativi americani sono in pieno diritto di buttare fuori i bianchi. Che infatti è assurdo. Mi spieghi che vuoi dire affermando che non è mai esistita una Palestina?
" "non potete riparare ad una tragedia con un'altra tragedia" come se la creazione di un rifugio per gli ebrei fosse una tragedia". La creazione di Israele in sè per sè non è stata una tragedia, ma la Naqba lo è stata eccome! Centinaia di migliaia di profughi, non so quanti morti ma nell'ordine delle migliaia ti sembrano poco?
"parla di territori palestinesi, ma quali sarebbero i territori palestinesi? cos'è la palestina?"
Quella che va dal Giordano al Mediterraneo. Dai tempi dei romani che si chiamava così.
"i palestinesi non hanno pagato alcuna tragedia dalla nascita di israele, primo perchè i palestinesi non sono mai esistito, o se sono esistiti erano in parte ebrei che sostengono israele". Eh? Me la puoi tradurre in Italiano per favore?
"il problema dell'equità della suddivisione è una baggianata, ad israele è stato dato più terra perchè dovevano arrivare altri ebrei da tutto il mondo in fuga dalle persecuzioni mentre gli arabi avevano decine e decine di stati non ebreaici dove andare."
Ma ti rendi conto di quello che dici? Se domani gli zingari, che non hanno un proprio stato e sono discriminati come erano gli ebrei decidono di occupare la Puglia, i Pugliesi devono tacere ed andarsene, visto che ci sono tante altre regioni italiane dove possono andare (tra l'altro mi immagino l'afflusso pugliese in Lombardia: penso sarebbero trattati più o meno come i Palestinesi in Libano)? Ma perché una persona dovrebbe andarsene da casa? Me lo spieghi? Sempre che ci sia una logica dietro il modo in cui ragioni.

Camilla ha detto...

Adesso un commento al merito dell'articolo (scusa ma non sono riuscita a controllarmi).
Sono d'accordo con alcune delle cose che dice Sand, meno con altre. Vediamo in dettaglio.
Non si può dire che ci sia un popolo ebraico. Quando oggi si parla di popolo marocchino si intende qualcuno che ha una lingua, pratiche e tradizioni comuni. Sono d'accordo con la seconda parte della frase. Quando si parla di popolo, si intende qualcuno che ha una lingua e una cultura comuni: o meglio, si dovrebbe intendere. In realtà la definizione di popolo è molto amplia, e cambia da dizionario a dizionario - l'avevo già cercata proprio per lo stesso argomento. Wikipedia italiana, che sto guardando ora, ne dà una definizione addirittura solo giuridica, mentre definisce "nazione" "un gruppo specifico di esseri umani accomunati da un sentimento durevole di appartenenza a tale gruppo poiché possiedono in tutto o in parte caratteristiche comuni di lingua, cultura, religione, usi e tradizioni". Il problema principale quindi è che manca il termine di con cui fare il paragone, quello che ci permetta di dire: questo è un popolo, questo non lo è. Se ci pensiamo, prima dell'unificazione noi Italiani non avevamo una lingua comune, e forse neppure una tradizione se non molto remota: l'unico fattore che ci accomunava era quello di vivere tutti nel territorio della Penisola e nelle Isole, e questo bastò (sulla carta) a qualificarci come popolo. In questo senso gli Ebrei hanno sempre avuto una coscienza di sè come popolo molto più marcata: quindi non è agevole definire se siano o no un popolo. Sicuramente è vero che tra un Ashkenazita di Varsavia e un Falascià di Addis Abeba ci sono differenze enormi (più differenze o somiglianze? Forse dipende dal grado di religiosità, da quanto essa pervade la vita di tutti i giorni. Bisognerebbe essere ebrei per saperlo) però ci sono anche tra fiamminghi e valloni, per fare un esempio stupido. Esiste allora il popolo belga? Sono domande molto difficili.

Camilla ha detto...

In realtà gli ebrei non vengono tutti dal grande esilio del 70, ma al contrario hanno le origini più diverse. La maggior parte degli israeliani crede di avere la stessa origine genetica.
Può essere vero, ma secondo me è irrilevante. La genetica ha un peso secondario nell'identificare un popolo, contano molto di più altri fattori come cultura e tradizioni, linguistiche e religiose.
Si, penso che chi ha voluto dare forma ad una nazione ebraica israeliana abbia cominciato col riflettere sul passato, strumentalizzandolo per fare emergere una dimensione di continuità..
Non ne sono così sicura. Bisognerebbe aver letto "Der Judestaat" per capire quali erano i propositi e le motivazioni di Herzl. Va però sottolineato che coloro che fecero del sionismo una dottrina politica appartenevano in un certo senso ad un popolo: erano ashkenaziti orientali, persone che parlavano una lingua comune, l'yiddish, avevano tradizioni comuni, una cultura anche orale comune e sicuramente al di là della nazionalità avevano più in comune con i loro correligionari ucraini o russi di quanto ne avessero con gli altri polacchi (non mi riferisco a Herzl, che era tedesco-ungherese, ma agli altri membri del movimento sionistico, inclusi coloro che poi materialmente fondarono Israele: Ben Gurion, Meir, etc.). Queste persone non avevano bisogno di inventarsi un popolo ebraico: ai loro occhi esisteva chiaramente, erano loro e quelli come loro: semmai vollero includere in questa definizione, per errore o per calcolo politico, anche persone che anche se ebree erano diverse da loro per tradizioni e costumi: sefarditi, mizhrai, falascià.

Anonimo ha detto...

Filosofeggiare sul concetto di “popolo” o di “setta” come fa lo scrittore israeliano interessa poco anche a me. Io non nego il diritto ad uno stato per i “palestinesi”(sono loro stessi che sono contrari, altrimenti l’avrebbero già creato) quello che contesto è il tentativo più o meno esplicito di far credere che i palestinesi erano un popolo con uno stato con una lingua, con una moneta, con dei confini ed ad un certo punto sono arrivati degli ebrei a rubargli una parte della terra, perché queste sono falsità. Loro non è che “viveno in quella che oggi è israele”, loro ci vivono tutt’oggi, e bisogna anche ricordare che anche gli ebrei ci viveno in quelle terre, ed anche gli ebrei sono stati cacciati dai territori arabi dopo la nascita di israele. Anche il paragone con gli altoatesini non ha senso, oggi l’italia è uno stato riconosciuto a livello internazionale, non era così per la “palestina”, anche il libano per esempio si è staccato dalla siria dopo la prima guerra mondiale, i siriani hanno il diritto di riprendersi la terra? Anche il paragone con i nativi americani continua a non aver senso, gli stati uniti d’america sono un popolo (se non ti piace il termine lo cambiamo) riconosciuto a livello internazionale, ed i nativi ne fanno parte a pieno diritto. La naqba c’è stata anche per gli ebrei dai paesi arabi, tra l’altro la guerra del 1948 fu mossa dai paesi arabi, e la fuga dei “profughi arabi” da israele fu provocata e sostenuta da quella aggressione. Il significato di palestina come “quella che va dal giordano al mediterraneo” non ha alcun significato per la discussione che stiamo facendo, altrimenti i cosidetti “palestinesi” dovrebero lamentarsi anche dei giordani e dai libanesi che gli hanno rubato terra, ed il fatto che non si lamentino con loro la dice un po tutta.
"i palestinesi non hanno pagato alcuna tragedia dalla nascita di israele, primo perchè i palestinesi non sono mai esistito, o se sono esistiti erano in parte ebrei che sostengono israele"
In italiano significa che la palestina intesa come israele + west bank + gaza è un qualcosa che non è mai esistito, se proprio vogliamo dargli una legittimazione “storico culturale” bisogna ammettere che anche gli ebrei erano palestinesi (per esempio Gerusalemme è a maggioranza ebraica da circa due secoli).
Il paragone con gli zingari come al solito è privo di senso, la puglia è una regione riconosciuta a livello internazionale, non mi risulta che gli zingari di tutto il mondo abbiano le loro radici storiche in puglia, e tra l’altro ci si dimentica sempre che è stato l’onu a legittimare israele, non c’è stata una guerra, se non quelle mosse dagli arabi successivamente.

Camilla ha detto...

In quanto cittadino israeliano trovo assurdo che qualcuno che abbia vissuto su una terra duemila anni fa possa pretendere di avere dei diritti storici su quella stessa terra.
Assolutamente d'accordo con la frase presa in sè. Però mi sembra di ricordare che Herzl fosse sinceramente convinto che la Palestina fosse deserta, e che quindi il popolo ebraico non avrebbe fatto che del bene occupando il deserto: è il famoso slogan "un popolo senza terra per una terra senza popolo". Quindi in realtà il sionismo non fu concepito come un "reclamiamo il nostro diritto sulla Palestina anche se ci stanno gli arabi perché noi ci vivevamo duemila anni fa", ma come un "in Europa non ci vuole nessuno, la nostra terra ancestrale è vuota, perché non ce ne andiamo lì a fondare un nostro stato?".
Ma dico anche, da un punto di vista più politico: non potete riparare ad una tragedia con un'altra tragedia. Negare l'esistenza di Israele vuol dire preparare una nuova tragedia per gli Ebrei israeliani.
Assolutamente d'accordo.
Considerare lo Stato di Israele come uno Stato ebraico sarebbe catastrofico, sarebbe come ridurre la Francia ad uno Stato cattolico.
D'accordo anche qui. Si può chiedere, e secondo me non andrebbe fatto formalmente perché trasforma una cosa lecita in una rivendicazione politica ingiusta, che si accetti che Israele ha una maggioranza ebraica, e quindi la sua lingua è l'ebraico, il calendario è quello ebraico, la cultura è quella ebraica: come chi viene in Italia deve accettare che un paese al 90% cattolico ha certe tradizioni: ma affermare che Israele è uno stato ebraico, così come affermare che l'Italia è un paese cattolico, è tutt'altra cosa, e non è compatibile con la democrazia. Se poi si intende ebraico in senso etnico e non religioso, peggio mi sento.

Camilla ha detto...

Sarebbe stato più logico creare uno Stato ebraico in Europa.
La cosa su cui sono meno d'accordo. Cercherò di spiegare perché. MI pare che sia un equivoco comune, anche da parte israeliana, vedere il motivo per cui questo stato fu fondato nel fatto che esisteva appunto un diritto astratto del popolo ebraico sulla terra d'Israele. Non penso sia così: il voto delle Nazioni Unite ci fu non perché si riconosceva un diritto astratto, ma perché si riconosceva il diritto concreto agli ebrei che vivevano in Palestina ad autodeterminarsi - e credo che per gli ebrei in Palestina si possa parlare senza problema di popolo: loro, così come fanno tutti gli ebrei che fanno aliyah, hanno scelto di appartenere al popolo israeliano e di avere in comune con i propri compatrioti più che la religione, cioè anche la lingua, il territorio e la storia. In conseguenza, dire che lo stato ebraico andava creato in Europa è secondo me sbagliato. Non c'è un diritto astratto allo stato ebraico, lo ripeto. Si è creato questo stato perché c'era un popolo che lo voleva, e lo voleva lì dove fu fondato, non in Europa. Quello che semmai fu sbagliato oltre alla divisione che fu semplicemente ingiusta, fu secondo me il non provare da subito ad integrare i due popoli, o creare una federazione sul modello di quella elvetica, in modo tale che i diritti di entrambe le comunità venissero salvaguardati. Tirando una linea che facesse da confine si lasciarono sul terreno tutti i problemi.
Non approva più l'idea di uno Stato bi-nazionale?
La risposta di Sand è realista, le parti non lo vogliono, ma mi rattrista perché continuo a pensare che sia la soluzione migliore. Pazienza: non sono io a dover decidere. Quello che è importante è trovare una soluzione.
Tuttavia sono dubbioso circa il diritto di ritorno a tutti i rifugiati palestinesi dal momento che la maggior parte delle case è stata distrutta e che è impossibile che economicamente un territorio così piccolo possa accogliere sei milioni di persone contemporaneamente. Bisognerebbe accettare d'altronde una parte di quei rifugiati, soprattutto quelli che vivono in Libano.

D'accordo: indennizzi per tutti, si possono riaccogliere quanti nacquero in quello che è ora Israele e gradualmente i profughi libanesi, che sono pochi e non possono assolutamente restare in Libano con le condizioni attuali.
Ok, spero di essermi spiegata in questa lunga serie di commenti, ciao!

Camilla ha detto...

Mauro: leggi. Non dico altro.

Giorgioguido Messina ha detto...

Mauro, leggendo il tuo commento trovo che tutte le incongruenze presenti nel ragionamento che fai (che mi paiono parecchie e mi lasciano sgomento) siano state perfettamente evidenziate da Cami, la quale sembra abbia dato una lettura dell'articolo molto simile alla mia.
Trovo decisamente interessante la precisazione che fai quando affermi che
coloro che fecero del sionismo una dottrina politica appartenevano in un certo senso ad un popolo: erano ashkenaziti orientali, persone che parlavano una lingua comune, l'yiddish, avevano tradizioni comuni. Queste persone non avevano bisogno di inventarsi un popolo ebraico: ai loro occhi esisteva chiaramente, erano loro... .
Proprio sulla base di ciò vorrei sollevare una questione: non vi sembra che i germi del conflitto nascano nel momento in cui le Nazioni Unite riconoscono il diritto concreto al popolo degli Ebrei di Palestina ad autodeterminarsi sulla base delle volontà di un gruppo popolo distinto, ovvero gli ashkenaziti dell'Europa orientale?
Credo che la "questione israelo-palestinese sarebbe stata tutt'altra se si fosse realmente concesso il diritto all'autodeterminazione delle genti che vivevano tra il Giordano ed il Mediterraneo (ebrei,musulmani, cristiani e drusi, una sorta di Libano meridionale più coerente con la storia della regione) piuttosto che dare il controllo della regione ad un gruppo sociale completamente avulso da quelle che erano la storia, la cultura e le tradizioni di quel territorio.

Anonimo ha detto...

a cami ho già risposto.
bhe i germi del conflitto nascono ben prima del riconoscimento onu ma quando l'immigrazione ebrea in terra santa comincia a diventare consistente. "concedere il diritto all'autodeterminazione delle genti che vivevano tra il Giordano ed il Mediterraneo (ebrei,musulmani, cristiani e drusi, una sorta di Libano meridionale più coerente con la storia della regione)" si sarebbe potuto fare, semplicemente bastava non creare uno stato ebraico casa anche degli ebrei europei, peccato che l'obbiettivo fosse proprio quello.

www.maurod.ilcannocchiale.it

Camilla ha detto...

FAi una domanda che vale tre milioni di euro! Non è semplice rispondere, anche perché bisogna tenere in conto fattori che non sono politici o storici ma anche emotivi... A me fece moltissima impressione una frase di "Una storia di amore e di tenebra" di Amos Oz, in cui lui dice che quando suo padre aveva vent'anni e viveva a Vilna i muri della città erano pieni di scritte "Giudei, andatevene in Palestina!"; ci ritorna dopo trent'anni e trova le scritte "Giudei, andatevene dalla Palestina!". Israele è un unicum, non si può paragonare a nessun altro stato nel mondo, nemmeno all'Armenia che per certi versi ha una storia simile. E quando non hai termini di paragone dare giudizi diventa molto difficile (a parte naturalmente il fatto che quando giudico non dimentico mai che parlo di persone e della loro storia). Quello che posso dire è che io trovo una legittimità all'immigrazione sionista in Palestina, e non ritengo il sionismo in sè per sè come sbagliato (anche se non accetto che l'idea dello stato ebraico diventi un dogma da perseguire a tutti i costi, fino al punto di ricorrere al transfer per "spostare" le minoranze non ebraiche, come sembrano intenderlo oggi i partiti israeliani più di destra), e ritengo che gli ebrei israeliani siano un popolo nel senso pieno del termine (cosa che non posso dire degli ebrei tout court che sono un popolo in senso lato). Però, anche per una formazione personale che mi porta a non sopportare i nazionalismi e a voler vedere più in là delle divisioni tribali, credo che dividere la terra della Palestina in stato ebraico e stato arabo fu sbagliato, un modo per risolvere alla svelta una questione scomodissima (dopo che gli Inglesi se ne erano andati) e - gli Israeliani detestano sentirselo dire, ma penso sia vero - una maniera di lavarsi la coscienza da parte di stati che non avevano impedito la Shoah. Quindi per rispondere alla tua domanda: pur riconoscendo che gli ebrei europei avevano diritto ad emigrare in Israele ed avevano diritto anche ad autodeterminarsi, ritengo sia stato un errore concretizzare questo diritto all'autodeterminazione nella creazione di due stati su base etnica/religiosa, perché ha rappresentato un torto enorme nei confronti dei Palestinesi (i quali, con l'aiuto dei vicini arabi, sono stati molto bravi a complicarsi ulteriormente la vita, ma questo è un altro discorso). Tuttavia mi dico anche: quanto contano le mie considerazioni di fronte al fatto che né gli Ebrei né gli Arabi volevano lo stato binazionale? E mi rispondo: zero. Sarebbe stato sicuramente più giusto fare come dici tu, ma, se posso usare una locuzione pomposa, la storia ha deciso diversamente, e ora quello che è più importante è chiudere le falle che sono state aperte.

Giorgioguido Messina ha detto...

Diciamo che sono più bravo a fare domande che a trovare risposte... :)
Benché concordiamo spesso non mi trovi affatto d'accordo su quanto riguarda il sionismo. Benché le opinioni siano sempre suscettibili ai cambiamenti in una mente aperta, sono avverso al sionismo in quanto movimento nazionalista estremista (perché non vale più il discorso che Herzl fosse in buona fede) su base confessionale.
Ad ogni modo chapeau per come esponi le idee, sincera ammirazione.

Camilla ha detto...

Il discorso sul sionismo è complicato. Diciamo che io ne so anche un po' poco - appunto non ho letto Herzl, mi baso su fonti di seconda mano e così via- e quindi sto attenta a dare giudizi. Quello che ti posso dire è che per come la vedo io, è un movimento nazionalista infondo non diverso da quelli che nacquero in Europa nello stesso periodo, cioè alla fine del XIX secolo, con l'unica sostanziale differenza di volere come stato non quello in cui il popolo viveva ma quello dove aveva vissuto storicamente. Non so dire se questo nazionalismo fosse estremista, in una certa misura lo sono tutti i nazionalismi, che infatti non mi piacciono. E non sono neanche sicura che ci fosse una base confessionale: dipende da quello che intendevano i sionisti per "ebrei", cosa che non è affatto facile da definire. Il sionismo delle origini era però essenzialmente laico, questo lo ricordo. Quello che vediamo oggi, cioè la pretesa assurda dei coloni di occupare la Cisgiordania perché terra biblica, non era presente nel pensiero dei sionisti originali, almeno non in quello dei sionisti del Mapai. Golda Meir, in una intervista a Oriana Fallaci rilasciata poco prima della guerra del Kippur, dice chiaramente che lei voleva tenersi Gaza per motivi di sicurezza, ma avrebbe ridato la Cisgiordania ai Giordani in cambio di un accordo. Se questa degenerazione fosse inevitabile per come è concepito il fine del sionismo, cioè se fosse inevitabile che la gente volesse la "vera" terra di Israele viste le premesse, non lo so. Resta il punto principale, e cioè che questo movimento nazionalista aveva come idea quella di stabilirsi in una terra dove non viveva la maggioranza del popolo ma solo una piccola parte. Vista oggi pare una pretesa assurda. Ma all'epoca, forse, non lo era: non solo c'era questa ansia nazionalista per cui i popoli si riconoscevano come tali, ma, ed è per questo che l'ho sottolineato, Herzl e compagnia credevano che la terra in questione fosse vuota. Ecco che la cosa non appare più così folle: gli ebrei sono un popolo, vogliono uno stato, a logica c'è una unica terra su cui possano vantare diritti in forza della presenza ininterrotta su di essa, questa terra è vuota. Fantastico. Peccato che non lo fosse, vuota.

Camilla ha detto...

Ora la cosa che mi dico io e penso non solo io è: una volta realizzato che questa terra non era vuota, perché non si è cercato di trovare un'altra strada? E io quando dico altra strada intendo una soluzione che salvaguardasse i diritti degli altri così come i loro: che permettesse ad entrambe le comunità di vivere in quella terra in posizione di reciproca parità. Un po' magari è frutto del senso di superiorità degli Europei nei confronti degli Arabi: non sono generalmente d'accordo con chi definisce Israele (in sè) un paese coloniale, ma è certo che un certa retorica coloniale sia stata usata eccome nelle prime fasi di sviluppo dello stato (del tipo: noi facciamo fiorire la terra! noi portiamo le medicine! noi siamo acculturati!). Ma più di questo credo che molto sia dovuto al fatto che gli Ebrei non se ne stessero andando dall'Europa per piacere, ma perché la vita lì era per loro impossibile, soprattutto in Russia, e che non avrebbero accettato di essere di nuovo minoranza, perché allora tanto valeva restarlo in Polonia e non fare tutta quella strada; non lo accettano nemmeno adesso in effetti. Qui giudicare diventa difficilissimo: non sono mai stata la minoranza, non ho idea di cosa voglia dire, non so come mi sarei comportata al loro posto. Questa è la ragione per cui riconosco il diritto degli ebrei ad emigrare in Palestina: è lo stesso motivo per cui lo riconosco a chiunque debba andarsene dal suo paese per poter vivere normalmente. Allo stesso tempo però capisco la rabbia araba davanti a quella che vedevano come un'invasione e un furto di terra loro. Se negli anni venti si fosse messa in piedi un'opera di aggregazione, se si fosse imposto al paese in fieri una costituzione che tutelasse inderogabilmente le due comunità, se si fosse fatto un lavoro di integrazione, spiegando agli ebrei che sì, potevano venire, ma non a comandare, e agli arabi che comunque dalla presenza ebraica potevano anche guadagnare e che comunque i loro diritti non sarebbero stati toccati, forse le cose sarebbero state diverse. Ma: non c'era nessuno che volesse farlo, Inghilterra compresa visto che anzi, nella miglior tradizione di potenza coloniale soffiava sul fuoco, e le parti erano estremamente riluttanti ad accettare la soluzione. Qui è secondo me la radice del problema.

Camilla ha detto...

Per concludere, sperando di non aver allargato troppo il campo, penso di poter dire, anche se è un giudizio estremamente sfumato e reso in tre parole non rende, che quello che è successo è un'ingiustizia. Ma a differenza di molti altri non credo che questa ingiustizia getti un'ombra sulla legittimità di Israele. Anche gli Stati UNiti sono nati da un'ingiustizia, ma non per questo si può mettere in discussione la loro legittimità. Idem per l'Australia, il Canada, e così via. Non è la bontà dell'ideologia che sta alle spalle a giustificare l'esistenza di uno stato; non è nemmeno il suo comportamento altrimenti paesi come la Cina o la Corea del Nord non avrebbero diritto di esistere. Dobbiamo invece pretendere, come comunità internazionale e come società civile, che gli Stati tutti rispettino il diritto internazionale. Quindi le critiche giuste da muovere a Israele, secondo me, non devono riferirsi al pensiero che ha portato alla sua nascita, ma al suo comportamento attuale. L'argomento è complesso e spero di essermi spiegata bene; grazie mille per i complimenti, se una discussione è di alto livello il merito è delle due parti e quindi anche tuo. Un saluto.

Giorgioguido Messina ha detto...

Niente da dire, un ragionamento ineccepibile. I tuoi commenti nobilitano il blog e sono onorato di averti tra i lettori.

Camilla ha detto...

Sei troppo gentile...