venerdì 23 luglio 2010

Un Paese a pezzi

di Ghassan Charbel


“L'America uscirà a pezzi dall'Iraq”, così dice il politico iracheno, con un sorriso stampato sul volto. Ricordo di aver sentito questa espressione, o qualcosa di simile, molte volte nei mesi scorsi in numerose capitali arabe.


Anche a me piacerebbe che l'America uscisse malridotta dall'Iraq. Ma non è destino che questa avventura folle finisca necessariamente così. Chi conosce l'Iraq e la regione non è rimasto sorpreso dal fallimento americano. Sarebbe stato da arroganti ed ingenui credere che l'apparato militare americano potesse essere in grado di piantare la democrazia sulle macerie del regime di Saddam Hussein; così come credere che la pianta seminata con la forza potesse germogliare nel suo campo e modificare l'ambiente del Medio Oriente, considerato il responsabile della nascita di attentatori suicidi e militanti che invitano al conflitto mondiale e all'annientamento dell'Altro.

venerdì 16 luglio 2010

In Iraq i Paesi arabi latitano a differenza di Iran e Turchia

Zebari: la presenza araba è assente, Iran e Turchia competono per l'Iraq


Washington – Hisham Melhem


Il ministro degli esteri iracheno Hoshayr Zebari ha sollecitato i Paesi arabi ad intensificare la loro presenza diplomatica a Baghdad, in un incontro con alcuni giornalisti arabi ed americani ha detto che certi Paesi arabi stanno attendendo la formazione di un nuovo governo iracheno prima di muoversi in tal senso. Ha poi aggiunto: “Francamente alla competizione per avere un posto nel futuro dell'Iraq al momento partecipano due Paesi non arabi: l'Iran e la Turchia, mentre la presenza araba è assente. Questo è il messaggio che abbiamo portato ai leader arabi nelle rispettive capitali. E questa è anche la causa principale che sta dietro i notevoli sforzi dell'Egitto per avere una rappresentanza in Iraq”.

giovedì 15 luglio 2010

Israele chiede i danni ad Al-Jazeera

Israeliani chiedono ad Al-Jazeera che rimborsi i danni causati alle loro case dai bombardamenti durante la guerra del Libano.


Betlemme – Ma'an – A quattro anni dal termine di quella che da Israele è conosciuta come la seconda guerra del Libano, 91 cittadini israeliani che sono rimasti feriti o hanno perso dei figli in quella guerra hanno intentato un'azione legale contro la rete Al-Jazeera col pretesto che questa avrebbe fornito un aiuto (ad Hezbollah, ndt) nel bombardamento di alcune aree.


“Yediot Ahronot”, organo in lingua ebraica, ha aggiunto che i pubblici ministeri che si sono occupati del caso hanno trascinato al-Jazeera di fronte al tribunale federale di New York con l'accusa di aver trasmesso in diretta immagini di alcuni luoghi specifici in grado di far individuare la regione con precisione estrema, in modo volutamente concepito per aiutare Hezbollah ad individuare le aree dove far cadere i missili ed aprire il fuoco.

lunedì 12 luglio 2010

E' tempo di darsi una rinfrescata!

Dopo un po' di ore perse a smanettare sono riuscito a capire l'architettura del linguaggio html (difficile tanto quanto l'arabo) e le basi della progettazione di un template (si dirà così?).
Questo è il risultato del mio primo esperimento. 

Spero vi piaccia la nuova livrea di Canale di Sicilia (accetto comunque ogni tipo di suggerimento).


Buonanotte (giuro che non userò altre parentesi in questo post).

venerdì 9 luglio 2010

Uno dei più importanti hacker al mondo è tunisino

I 6000 siti piratati, la Palestina, le difficoltà a scuola e il denaro discusso


Firas Arfaoui, un nome tunisino che oggi fa parlare di sé un po' ovunque nel mondo. La BBC sostiene che il suo nome tunisino non sia che uno pseudonimo dietro al quale si nasconde un americano. La polizia londinese ha visto sventolare la bandiera tunisina sul suo sito, risultato di una sua operazione di pirataggio. Arfaoui conta 6000 siti piratati da solo in 4 anni, un numero maggiore di quanto fanno certi gruppi di hacker riuniti.



martedì 6 luglio 2010

Avanguardia saudita

In tempi di crisi e di peak-oil è unanimemente (?) riconosciuto che il prodotto che più di qualunque altro rappresenta il fallimento dell'attuale modello di sviluppo sia l'automobile. Tra i vari esempi di auto quello che in assoluto si conferma come un simbolo di totale mancanza di lungimiranza è quel colosso energivoro conosciuto col nome di SUV. Un mezzo che forse per la sua scarsa utilità e per il suo devastante impatto ambientale è diventato lo status symbol di chi non riesce a vedere lo spirito del futuro che si avvicina. 


Fatta questa premessa polemica è con immenso gaudio che porgo alla vostra attenzione l'ultima conquista del regno saudita, il suo ingresso nel mondo di quelli che contano. Da oggi anche il Paese dei Saud può fare sfoggio di un auto prodotta dalle giovani menti saudite e dai capitali di una nazione all'avanguardia. E cosa avranno mai prodotto due anni di ricerca nel mondo dell'auto? Un rivoluzionario veicolo ad energia solare? Un mezzo di trasporto pubblico alimentato ad idrogeno?



venerdì 2 luglio 2010

El Baradei si incontra con gli ambasciatori di America ed Europa e illustra i suoi sforzi per il “cambiamento”



Il Cairo – Mercoledì un giornale egiziano ha rivelato che l'ex direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Mohammed El Baradei si è incontrato al Cairo con l'ambasciatrice americana e molti altri ambasciatori dell'Unione europea per informarli degli sforzi che sta compiendo per realizzare un cambiamento in Egitto.
Il quotidiano “Al Masry Al Youm” ha riportato quanto detto da El Baradei ovvero che durante il suo incontro con l'ambasciatrice americana Margaret Scobey e i suoi colleghi europei, incontro che resta non ufficiale e voluto dalle ambasciate, hanno discusso di tutte le situazioni politiche interne allo scenario egiziano.
El Baradei ha detto: “il dialogo tra me è gli ambasciatori ruota intorno alla situazione interna e all'importanza di un cambiamento per il cammino dell'Egitto. 
Da parte sua il giornale citando fonti dell'ambasciata americana fa sapere che è stata quest'ultima a richiedere l'incontro, espressione della preoccupazione dell'ambasciata nel conoscere da vicino le personalità egiziane che potrebbero avere un ruolo nella vita politica del Paese nel periodo a venire.
D'altra parte la campagna popolare per sostenere la candidatura di El Baradei alla presidenza della repubblica ha deciso di concentrarsi nelle prossime tappe su una raccolta firme più efficace nelle regioni dell'alto Egitto.
Al Masry Al Youm ricorda che al momento la campagna politica ha più di 15 comitati elettorali in  numerosi governatorati d'Egitto, gruppi di lavoro in diversi villaggi e province del Said ed il numero di volontari per la raccolta firme a favore di El Baradei è salito a 15mila.


Articolo originale su Al-Quds al-arabi