domenica 30 maggio 2010

Chiko è francese, però nero e musulmano.

E' a tutti gli effetti, legalmente, un cittadino francese, per la costituzione come per gli obblighi francesi, europei ed internazionali, tuttavia il problema del cittadino francese Chiko Baba Ndinag Diakaby è essere nero e musulmano. Invece di dedicarsi al traffico di bambini dal Darfour credeva che l'occupazione dell'Iraq fosse un attacco alla dignità di un popolo, ha deciso quindi di imparare l'arabo ed andare in Iraq. Ma il fatto è che non si era esercitato con le armi e non aveva alcuna informazione né sulla guerra né sulla rivolta armata, così è stato arrestato in seguito ad un'ordinaria perquisizione, come ci ha comunicato la Croce Rossa Internazionale, e sembra che sia stato il colore della sua pelle ad aver spinto una pattuglia alla sua ricerca nella città di Falluja il 25 novembre 2004. All'epoca la Francia credeva ancora che l'occupazione dell'Iraq fosse un'operazione estranea al diritto, inefficace, pericolosa e che avrebbe avuto conseguenze indesiderabili. Perciò l'inchiesta su Chiko venne svolta con rigore e lui fu destinato al carcere delle forze multinazionali di Boca. Gli venne assegnato il numero IQZ 0008123.

mercoledì 26 maggio 2010

Chi ha fallito in Iraq?


Gli americani sono arrivati in Iraq da un altro pianeta. Questa parte del mondo vive una fase storica diversa. Immaginavano di poter operare chirurgicamente e profondamente nella regione eliminando il regime di Saddam Husseyn.

Il politico iracheno sorride. L'esperienza ha dimostrato che gli americani hanno commesso un'errore nel leggere le istanze del popolo ed i loro sentimenti. Ritenevano che la caduta di Saddam avrebbe permesso loro di ricostruire l'Iraq come fecero in Germania e Giappone. Hanno dimenticato le differenti condizioni e il grado di sviluppo economico e sociale, nonché le diversità religiose e culturali.

Nei loro uffici distanti gli “architetti” inseguono un sogno ingenuo. Credevano che la democrazia fosse il solo sogno che avessero i popoli della regione. E che semplicemente aprendo la finestra  questo avrebbe incoraggiato gli iraniani e gli arabi ad invadere le strade seguendo l'esempio iracheno.

lunedì 24 maggio 2010

Le autorità tunisine bloccano la Lega per i diritti umani con una decisione della magistratura

Tunisi: le autorità tunisine hanno confermato che alla Lega tunisina per la difesa dei diritti umani verrà interdetto, con una sentenza della magistratura, di esercitare la propria attività, eccezion fatta per l'organizzazione del suo quinto congresso.

Una fonte governativa ha spiegato a France Press che “la Lega non aveva il diritto di portare avanti nessuna attività, se non l'organizzazione del quinto congresso, per via di una decisione della Corte d'appello risalente al maggio 2001”.

giovedì 20 maggio 2010

Fabbriche di catastrofi e campi profughi

di Ghassan Charbel

I piccoli giocano all'incrocio dei vicoli. Corrono e litigano. Inviano le loro risate senza esitare. Non si lamentano della durezza del luogo. Né dell'acqua stagnante o dei fossi. Ridono come chi si burla del proprio destino. Più in là con gli anni boicotteranno le risate.

Il campo profughi non è cambiato molto. Il numero degli abitanti si è moltiplicato più volte. Si sono moltiplicati i piccoli nidi attaccati l'un l'altro e sovraffollati. E il numero degli abitanti delle tombe. Caos di fili elettrici. Gli sguardi di rimprovero affacciati alle piccole finestre. I vestiti appesi a fili corti. Le auto che dissipano il tempo. Dentro le stanze la ruggine aggredisce le vecchie chiavi. E l'età aggredisce le immagini dei martiri.

martedì 18 maggio 2010

Arabasta e la censura in Tunisia

Oggi volevo postare la traduzione di uno scritto apparso sul blog tunisino Arabasta. Quotidianamente la blogosfera tunisina soffre episodi di censura, il famigerato Ammar e le sue forbici tagliano e zittiscono giornalisti indipendenti e semplici blogger. In questi ultimi giorni è rimasto vittima di questi bavagli (per l'ennesima volta) il blog del redattore del giornale Essahafa, nonché membro dell'organo esecutivo del sindacato dei giornalisti tunisini, Zied el Heni, il quale è stato protagonista di una curiosa protesta.

Ecco il testo di Arabasta:


Continuerò

Perché sono convinto dell'inutilità della censura
Perché non vedo in me stesso una minaccia alla sicurezza e agli interessi del Paese
Perché non pubblico nel mio blog cose che violino la legge
Perché non pubblico notizie false
Perché rispetto l'intelletto dei tunisini
Perché riconosco la capacità dei tunisini di distinguere la pula dal frumento
Perché la libertà è più forte di tutti gli ostacoli del mondo
Perché la parola è tutto ciò che ci riunisce a questo mondo

Per tutte queste ragioni continuo a bloggare attraverso il nuovo indirizzo, pur conservando il sito originale, in attesa che i censori di internet rispettino il nostro intelletto e ci restituiscano il diritto di navigare in rete, come gli altri popoli del modo.

domenica 16 maggio 2010

La Russia vede la possibilità di un accordo con la proposta brasiliana di uno scambio di uranio con l’Iran

Il presidente russo, Dimitri Medvedev, giovedì scorso ha dichiarato di vedere nella proposta avanzata dal Brasile di uno scambio di uranio arricchito con l’Iran una possibile via di uscita dall’impasse sul programma nucleare iraniano.
Il Brasile difende l’idea secondo la quale la Turchia sarebbe la depositaria dell’uranio iraniano leggermente arricchito.
Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha già discusso la questione a Washington con il premier turco Recep Tayyip Erdogan e con il presidente degli USA Barack Obama, come alternativa alle dure sanzioni che propone il governo americano.
«Se questo tipo di proposta avrà l’appoggio di tutti i partecipanti a questo processo, allora non sarà una maniera malvagia di risolvere la situazione», ha detto Medvedev.
Secondo la proposta delle potenze, sotto la mediazione della AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), l’Iran imbarcherebbe il 70% del suo stock di uranio leggermente arricchito, che sarebbe poi convertito – in Francia o in Russia – in capsule di combustibile compatibili con la produzione di isotopi per uso medico.
Teheran ha rifiutato la proposta sostenendo che il progetto dell’accordo non presentava le garanzie necessarie per la consegna del combustibile. Dopodiché, il paese ha presentato una controproposta per un interscambio graduale e ha intervallato accenni di dialogo con dure dichiarazioni sulla sovranità del suo programma nucleare.
Con la paralisi delle negoziazioni, l’Iran ha annunciato di aver iniziato lo scorso febbraio ad arricchire l’uranio del 20%, proprio in risposta al risentimento delle grandi potenze. Da allora, gli Stati Uniti guidano una campagna per un nuovo giro di sanzioni in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Gli iraniani corteggiano Brasile, Turchia e altri membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza per prevenire possibili sanzioni. Soltanto i membri permanenti del Consiglio – Cina, USA, Francia, Stati Uniti e Russia – possono approvare la proposta delle sanzioni, ma la forte opposizione dei membri non permanenti potrebbe rafforzare il caso iraniano.
Il Brasile ha sollecitato i Paesi occidentali a negoziare una soluzione equa con l’Iran sul suo programma nucleare e ha chiesto a Teheran di offrire garanzie sul fatto che il suo programma nucleare non abbia ambizioni militari.

Scritto da Redazione Locale, Folha de São Paulo
disponibile online all'indirizzo: http://www1.folha.uol.com.br/folha/mundo/ult94u734004.shtml

sabato 15 maggio 2010

La crisi del pensiero religioso tra dinamismo ed immobilismo




di 'Abd ez-Zahra ar-Rakabi *



Non c'è dubbio che la crisi del pensiero religioso nell'Islam non ha consolidato nel devoto una fede chiara, e che si è confrontata esclusivamente con un livello elevato di discussione, finché gli anni cinquanta del secolo scorso hanno rappresentato l'inizio di un'epoca di incertezza e confusione nel discorso di rinnovamento religioso nella quale sono sorte due fazioni opposte ed inconciliabili. La prima fazione si affrettò a costruire il concetto o i concetti di rinnovamento, mentre l'altra si rifaceva all'istituzione religiosa tradizionale la quale rifiutava con forza la nozione [introdotta] dalla prima, reputandola estranea alla religione, alla nahda, al progresso e al patrimonio [culturale], non essendoci legami autentici tra questi concetti e gli aspetti sopraelencati , nella misura in cui riguardano l'eresia, l'innovazione e l'occidentalizzazione.

Allo scopo di chiudere le strade e le aperture ai sostenitori dei concetti e delle idee di rinnovamento (qualunque sia la nostra posizione riguardo questi concetti e queste idee) il partito di chi si opponeva a questa loro posizione cominciò a propagandare lo slogan «L'islam divino non si modernizza né si rinnova» senza addentrarsi in dispute articolate ed esposizioni minuziose in risposta a questi concetti ed al loro sviluppo, benché nello stesso tempo non perdesse occasione per lanciare invettive ed accuse di miscredenza ai rinnovatori per via delle loro divergenze di pensiero e dottrinali. Ciò contribuì ad alimentare la crisi invece di aprire dibattiti per avere scambi di idee utili e proficui circa le modalità del rinnovamento, i quali avrebbero potuto far incontrare o raccogliere gli interessati su questo o su quest'altro ambito.

L'islam come religione, spiritualità e sigillo delle profezie, non si limita ad un insegnamento rigido o ad una testimonianza conclusasi nel tempo. Quello che vogliono i sostenitori del rinnovamento non è un cambiamento o una trasformazione, piuttosto si cerca è attivare scienze ed idee, generarne un'ondata aperta ad ogni epoca, fase ed età. Questo aspetto interessa studiosi, ricercatori, pensatori e storici del nostro tempo. Tuttavia queste loro preoccupazioni, come abbiamo detto in precedenza, sono state affrontate con un discorso violento da parte di coloro che non vogliono “travasare l'acqua stagnante in questo o quell'estuario”.

Se il pensiero religioso ha incontrato nel percorso di rinnovamento fattori ed eventi accumulatisi, essi hanno avuto il ruolo di ridurne l'apertura, l'emancipazione e lo slancio nonostante gli studiosi delle cause e delle conseguenze di tale limitazione, e del conseguente isolamento in cui abbiamo vissuto fino ai giorni nostri, fossero a conoscenza di questi fattori e di queste eventi (e fossero in grado di poter reagire alle trappole dell'isolamento e dell'arretratezza), dato che uno studio su questo aspetto di liberalità dell'Islam afferma: la comparsa dell'Islam nel VII secolo d.C. ha costituito un grande punto di svolta nella storia dell'umanità, ha provocato la più grande rivoluzione e vitalità nella storia del Medio Oriente, ha rappresentato l'emergere di un nuovo significato rispetto ai concetti divini che lo hanno preceduto, riconoscendoli e considerando loro come un preludio e sé stesso come il messaggio conclusivo. In queste società ha fatto esplodere una grande vitalità ad ogni livello ed ha portato alla nascita di una delle più grandi civiltà dell'umanità, la quale ha spianato la strada alla civiltà occidentale moderna, alimentandola con idee, invenzioni e conoscenze utili.

Tuttavia il ricercatore Mohammed Sabila rettifica, sottolineando che agli inizi del decimo secolo questa vitalità si convertì in atrofia, sia come risultato di fattori interni (inerzia burocratica ed intellettuale, conflitti interni) sia come risultato di fattori esterni (espansione e diffusione geografica, attacco del proletariato straniero per dirla con Toynbee, ovvero attacco di Mongoli e Tartari e caduta di Baghdad...).

In parallelo il risveglio si manifestò in Europa a partire dal XV secolo attraverso il Rinascimento, la Riforma, le scoperte geografiche, le rivoluzioni politiche e lo sviluppo scientifico ed intellettuale, rendendo l'Europa occidentale il centro del mondo moderno e fonte di irradiazione e diffusione di una culturale universale, ponendo una grande sfida alle altre civiltà, prima fra tutte quella islamica. Senonché questa sfida venne raccolta nel XVIII secolo, come risposta all'espansione e alla ricerca di risorse e nuovi mercati da parte dell'Europa contemporanea in un quadro di occupazione e colonialismo.

Ovvero la modernità occidentale, raggiunta una seconda tappa del suo sviluppo, si trasformò in una forza militare occupante che impose il suo modello con la forza delle armi, fondendo insieme colonialismo e modernizzazione.

E' vero che si è voluto incentrare questo studio sulle sfide esterne ed interne, tuttavia nel nucleo dell'argomento non sono state menzionate le cause dell'arretratezza e dell'affievolirsi di questa vitalità che ha illuminato il pensiero e la prospettiva dei musulmani se non come riferimento occasionale e rapido, in modo da allontanare il ricercatore dal principale movente del rilancio islamico dedicando pagine negative e positive al vitalismo, mentre la causa effettiva era “l'atrofizzazione del pensiero religioso contemporaneo”. Nei fatti tutto ciò è assolutamente sistematico, non essendo questa idea in linea con gli sviluppi ed i cambiamenti, né aperta alle innovazioni ed alle conseguenti implicazioni e rotture.

Ma questo studio pregevole e dettagliato segnala alla fine del percorso la “causa delle cause” e indica con estrema chiarezza e certezza che “il problema dell'immobilismo del pensiero dei musulmani risiede nelle loro scelte culturali e politiche”.

In ogni caso la dinamica della riflessione religiosa all'interno dell'Islam in epoca contemporanea è stata determinata, come dice Braham Ghalyun, dal confrontarsi con le pressioni politiche, strategiche e culturali alle quali sono state esposte le società musulmane, nel contesto della globalizzazione e della guerra economica, volte alla ricerca dell'egemonia tra i blocchi mondiali. Così come sarebbe difficile definire il pensiero religioso senza separare la posta in gioco religiosa da quella politica, allo stesso modo sarebbe impossibile rinnovare il pensiero politico, estromettere gli orientamenti contrari e successivamente impedire la mobilitazione religiosa senza porre un limite alla guerra di civiltà, il che significa prima di qualsiasi altra cosa estendere oggi la cerchia di pressioni materiali e morali sulle società musulmane.



* scrittore iracheno


Articolo apparso su Dar al Hayat